"Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt'altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda 'Io, tu e le rose' in finale".

Era la notte tra il 26 e il 27 gennaio 1967 quando Luigi Tenco scriveva queste ultime parole per poi spararsi in una camera d'albergo a Sanremo.

Quella sera era in corso la diciassettesima edizione del Festival della canzone italiana, in cui Tenco aveva gareggiato con una poco apprezzata "Ciao amore, ciao", che poi diventerà il suo testamento.

IL SUICIDIO - L'ipotesi del suicidio non ha mai convinto del tutto parenti e fan, increduli del fatto che una persona, anche con la sensibilità di Tenco, avesse potuto uccidersi perché escluso da una competizione musicale.

I dubbi furono alimentati da alcune stranezze sul luogo della morte.

Anzitutto il corpo che, visto da testimoni in posizione diverse, era stato spostato per qualche motivo.

Incongruenze anche sul luogo dove si trovava la pistola: nei verbali risulta prima nella mano, poi "lontana dal corpo", poi "in mezzo alle gambe", infine "sotto il comò".

LA TESI DELL'OMICIDIO - Dietro la tesi dell'omicidio ci sono diverse interpretazioni: c'è chi parla di un'esecuzione, perché si pensa che Tenco avesse scoperto che dietro i luccichii del Festival si nascondevano stupefacenti, scommesse e corruzione.

Per altri era coinvolto l'ex marito della compagna Dalida, Lucien Morisse, discografico geloso del cantautore piemontese.

Il caso è stato chiuso e riaperto per ben due volte (l'ultima nel 2016 per una petizione di 100mila firme) ma la conclusione è stata sempre la stessa: per la giustizia, quella notte di cinquant'anni fa, Luigi Tenco si tolse la vita.
© Riproduzione riservata