Chiacchierare con Lucia Vasini significa immergersi in un flusso di pensieri sinceri, intensi e a tratti ironici, che rivelano la profondità di un’artista capace di mettersi in gioco senza riserve.

L’attrice sarà in Sardegna da mercoledì 19 febbraio con Le Gratitudini, adattamento teatrale del romanzo di Delphine de Vigan, con la regia di Paolo Triestino. Interpreta Michka, la protagonista della storia, un’anziana correttrice di bozze che sta perdendo le parole e che, prima che sia troppo tardi, vuole ringraziare chi le ha salvato la vita.

Dietro ogni interpretazione c’è sempre un grande lavoro. “La preparazione attinge dalla vita”, racconta. “Ho osservato persone vicine a me, ho vissuto accanto a chi, per via dell’afasia, scambia le parole, le perde. Il lavoro dell’attore è strano: a volte è semplicemente aspettare che il personaggio arrivi. Non si tratta solo di memoria, ma di entrare nella vita di chi interpreti”.

Nella pièce, Michka affronta la progressiva perdita del linguaggio mentre la sua mente resta lucida. “Ho imparato il silenzio”, confida Vasini. “Se non hai i modi giusti per comunicare, il timbro della voce diventa essenziale. La parola può ferire, ma può anche curare. In scena, con l’ortofonista Jérôme (Lorenzo Lavia) e con Marie (Carmen Di Marzo), c’è il tentativo continuo di trovare una via per esprimersi”.

Il tema della gratitudine è il cuore dello spettacolo, la chiave per entrare nella storia. Vasini ammette che interpretare Michka ha cambiato il suo modo di vivere questo sentimento: “Diciamo ‘grazie’ troppo spesso senza pensarci. Ora cerco di farlo quando c’è una verità dietro. Non è solo una parola, è anche una presenza reale”.

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Il passato di Michka si intreccia con la memoria della Shoah e con il coraggio di una famiglia che, durante l’infanzia, la salvò dai campi di concentramento. “Non sono ebrea, ma penso sempre all’Olocausto: una ferita aperta che ci riguarda tutti”. C’è il rischio che con il tempo qualcosa vada perduto, un po’ come accade a Michka con le parole. Un’esperienza che ha vissuto anche l’attrice durante le repliche: “Per due mesi, anche fuori dal palco, facevo fatica a parlare. Entrare nel personaggio significa accettare una sfida, con tutti i suoi risvolti emotivi”.

In Le Gratitudini c’è anche la continuità della vita, il passaggio dell’amore attraverso le generazioni. “Michka è sola, non ha figli, ma si è occupata di Marie come una madre”. E quando cala il sipario, il pubblico si porta via una suggestione: “Spero che senta la bellezza dell’umanità, anche nelle piccole cose. Un sorriso, un gesto gentile. L’importanza di esserci, di amare con umiltà”. E magari imparare a utilizzare anche il silenzio per esprimere quella gratitudine che non ha bisogno di troppi orpelli.

Lucia Vasini sa bene cosa significhi essere grata. “A mio figlio, alle persone che ho incontrato lungo il cammino. Quando arrivai a Milano per studiare al Piccolo Teatro, la mia famiglia era lontana, a Marina di Ravenna, ma ho trovato subito chi mi ha accolto, chi mi ha insegnato ad amare questo mestiere e a crescere. Oggi, sul palco, porto anche questo pezzo di vita”.

Un percorso che l’ha vista calcare le scene fin da giovanissima. Diplomata all’Accademia del Piccolo Teatro di Milano, ha studiato a Los Angeles e seguito corsi di voce con Linda Wise e Strasberg. Una carriera che ha attraversato tutte le forme e i temi teatrali, con mentori del calibro di Dario Fo e Franca Rame e con la direzione di registi come Gabriele Salvatores, Giampiero Solari e Paolo Rossi. Il teatro, il cinema, la televisione, ma anche il teatro sociale, con un’attenzione particolare alla disabilità mentale.

Le Gratitudini andrà in scena, oltre al 19 a Oristano, il 20 ad Alghero, il 21 a Olbia, il 22 a Tempio, il 23 a San Gavino e il 24 a Carbonia.


 

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