"Sacrilegious", sacrilego. Era stato questo il severissimo giudizio della Bbc che aveva bandito dalle sue programmazioni "Jesus Christ Superstar", l'opera rock più famosa al mondo sull'ultima settimana di vita di Gesù. Era il 1970, e quel lavoro scritto da due futuri geni del musical come Andrey Lloyd Webber e Tim Rice, compositore delle musiche il primo, delle parole il secondo, autori di innumerevoli opere di successo (Evita, Cats, The Phantom of the Opera), è considerata, cinquanta anni dopo, una delle pietre miliari, un capolavoro premiato con sette milioni di copie vendute in tutto il mondo. È più facile ricordare il celebre film di Norman Jewison, uscito nel 1973, che fu un successo strepitoso, ma questo è un capitolo a parte.

Il doppio vinile - racconta la leggenda - inizia a nascere nella primavera del 1969 in Italia, nella casa di vacanze di Ventimiglia della zia di Tim Rice. I due, all'epoca poco più che ventenni, composero quell'inno diventato il simbolo di una straordinaria epoca, osando raccontare la passione di Cristo in modo moderno e laico, con forti riferimenti religiosi, nel rispetto delle sacre scritture. La provocazione consisteva nel riportare la tragedia di Cristo al tempo presente, ovvero nei vulcanici ma anche trasgressivi anni Settanta. La cifra che aveva segnato la grande originalità del progetto era stata quella di ricostruire la passione di Cristo dal punto di vista di Giuda, il discepolo traditore, il grande accusatore: seguace di Gesù, non si sente più capito, né crede sia giusto, per esempio, che una donna come Maria Maddalena possa stare vicino al Messia. Lei canterà invece per lui la tenera e sensuale "I don't know how to love him".

L'orchestra, composta da 85 elementi, era accompagnata da sei musicisti rock e da due cori. Ian Gillan, voce dei Deep Purple, interpretava Gesù, mentre Murray Head dava sfogo al travaglio dell'Iscariota. Yvonne Elliman era Maddalena, e infine l'attore Barry Dennen vestiva i panni di Ponzio Pilato, il console romano in Galilea, sia nel disco che nel film. A censurare il lavoro non era stata solo l'allora bacchettona Bbc. Ebrei e cristiani ortodossi avevano attaccato il musical e poi il film perché, a loro giudizio, troppo hippie e troppo umani i protagonisti. La spiegazione di Tim Rice era stata semplice e disarmante: «Abbiamo trattato il Cristo più come uomo che come Dio: noi, come autori, non prendiamo posizione. Però il primo spunto ce l'ha offerto il decano di San Paolo che una volta ci ha detto: "prendete Gesù e portatelo via dalle vetrate istoriate"».

Di più ampie vedute, incredibile ma vero, si era dimostrato il Vaticano. Il film, quindi la musica e i poco ortodossi testi dei protagonisti della Settimana Santa, era riuscito a passare senza problemi il vaglio della Cei, che ne aveva esaltato «la figura umana e fortemente contrastata del Cristo». «Non vuole essere, e non è, né quella della storia, né quella dei Vangeli. Una tale fisionomia di spettacolo-fantasia-religiosa è esaltante e stimolante, anche per la ricchezza artistica del lavoro; merita perciò una raccomandazione ma esige tuttavia un accostamento avveduto e cosciente».

Jesus Christ aveva e ha la forza di una spiritualità semplice, paradossalmente umana. Non mancano le curiosità. Ricordate la canzone "King Herod' Song", cantata da Erode, il florido re che si gode la vita? Era stata scritta dal tandem Webber-Rice per partecipare nel1967, senza successo, all'Eurovision Song Contest, in rappresentanza del Regno Unito. Il titolo era "Try it and See". Era stata poi Rita Pavone a inciderla e a dargli una certa risonanza. E' stata una pagina di storia musicale unica se cinquanta anni dopo, Jesus Christ Superstar mantiene integro il suo fascino e la sua forza. Come il musical "Hair" ha permesso ai giovani di fare sogni di libertà, e dal quel lontano 1971, quando ha debuttato per la prima volta in un teatro del West End di Londra, in angolo del mondo c'è un sipario che si alza sulla fantastica opera-rock.

Caterina Pinna
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