Impossibile, ogni volta che il suo nome salta fuori, non pensare all’avventura, breve ma importante, con i Bad Seeds, la band che il maudit del rock Nick Cave, creò nel 1983, e di cui il chitarrista australiano Hugo Race fece parte per un anno: da quello della fondazione al successivo.

Poi, Race, ha preso un'altra strada, incidendo sei album con The Wreckery, diciassette con i True Spirit, quattro da solista, e altrettanti con il marchio Fatalist.

Domani, il musicista di Melbourne, classe 1963, approda alle 22 al Fabrik di Cagliari, in compagnia del bluesman americano Michelangelo Russo, con cui ha inciso il bellissimo album "John Lee Hooker’s World Today", uscito in primavera, e al centro del repertorio della serata.

Un amore di vecchia data, quello di Hugo Race per il blues, musica delle radici, senza la quale il rock non sarebbe mai esistito, così come il jazz, il pop e altri generi ("Il blues ha un figlio e si chiama rock’n’roll", cantava fieramente Muddy Waters in un celebre brano, prima di scoprire che quel figlio degenere avrebbe rinchiuso la black music in un recinto).

Un amore che in questo lavoro omaggia senza riserve uno dei grandi della musica del Diavolo come John Lee Hooker che, fino all'ultimo, è stato un legale rappresentante del blues (ma un blues diverso da altri, fatto di sonorità sporche, acute, ossessivamente percussive, e che sfuggiva agli stilemi tradizionali del Mississippi, dato che in esso si faceva largo uso di accordature aperte e del bottleneck, suggestive espressioni vocali e gergali ), e le cui cavalcate boogie caratterizzarono il suo enorme successo nei juke box dei ghetti e presso il popolo del rock: nel ’91 il suo nome fu iscritto nella prestigiosa "Rock and Roll Hall Of Fame".

Il concerto di domani sera, offrirà un viaggio nel repertorio di Hoocker, secondo coordinate tracciate dalla voce cavernosa di Race, e da brani come Hobo blues, Love blues, Serves you right to suffer, Decoration Day, The world today, The motor city’s burning, Country boy, When my firts wife left me. Certo, mancheranno Boom boom, Boogie Chillen, Jelly Mae, e altre gloriose pietre di un tempio inattaccabile dall’usura degli anni e del tempo, ma converrà esserci lo stesso.

Carlo Argiolas
© Riproduzione riservata