La prima volta che è venuta in Sardegna era una bimbetta allegra e vivace. «Andammo a Uras, a casa della nostra tata. Mi ricordo ancora questa casa grande, con il bagno fuori, e i vasini da notte sotto il letto e questi cuscini di paglia scomodissimi». Perché ha radici lontane il legame di Benedicta Boccoli con l’Isola. «La tata che ha cresciuto me e mia sorella Brigitta era sarda appunto di Uras. Non so come sia arrivata da noi. Ricordo solo che era una ragazza giovane che stava a Roma ed era venuta a lavorare».

Così con la tata sarda Benedicta è diventata grande, ed è diventata un’ attrice, showgirl e regista che adesso ha 56 anni e di strada ne ha fatta tanta passando dalla televisione al teatro.

Come dimenticarla quando con il suo sorriso radioso, insieme alla sorella che quasi sembravano gemelle, entrava nelle case degli italiani con “Domenica In”, “Piacere Rai uno”, “Carramba che sorpresa” e “Uno mattina”. Adesso si prepara a dividere il palco con la ballerina e attrice Lorenza Mario nella pièce di Moliere “Preziose ridicole” per la regia del sardo Stefano Artissunch, al debutto nazionale sabato 26 novembre.

Il duo eccezionale di attrici interpreta Caterina e Maddalena, artiste di avanspettacolo che per vivere si esibiscono nel varietà “Cafè Chantant” sullo sfondo dell’Italia della seconda guerra mondiale, tra musica , danza e fare giocoso. In Sardegna lo spettacolo sbarcherà a gennaio, l’11 al teatro comunale di Sanluri, il 12 al cine teatro di Olbia, il 13 al padiglione Tamuli ex caserme Mura a Macomer, il 14 al teatro del Carmine di Tempio Pausania e il 15 al teatro civico di Alghero.

Ci dica Benedicta, Caterina le somiglia?

«No, no. Caterina è una donna del primo Novecento che allaccia una grande amicizia con Maddalena, una ragazza che aspira a essere una famosa soubrette, in un’epoca tragica».

Una donna che è anche molto fragile?

«Sì che però cerca di apparire forte. Una donna che non è riuscita ad avere figli, con il compagno morto in guerra e che si attacca a questo concetto delle “Preziose ridicole”: “Sposarsi mai, fidanzarsi sempre”. Però lo spettacolo è anche spiritoso, con un brio che va verso il varietà. Con momenti in cui citiamo anche Totò e Peppino».

Lei ha esordito in tv giovanissima ma la sua vita è stata soprattutto in teatro.

«Diciamo che il teatro mi ha adottato e che la televisione mi ha mollato. Ho fatto così tanto in teatro che adesso sono più preparata a fare qualsiasi cosa».

Con sua sorella all’epoca c’era rivalità?

«Noi eravamo noi due contro il mondo. Eravamo piccole e molto unite. Complici in un ambiente che non era certo facile».

Quanto è stato importante l’incontro con Gianni Boncompagni?

«È stato fondamentale e mi manca moltissimo. Qualche tempo prima che morisse ricordo che andai a trovarlo e gli dissi “Gianni cosa fai “ e lui “dormo 12 ore” . “E di giorno”, “Di giorno mi vesto da prete  fingo di essere  il parroco di Osta e vado a vedere i Cristi in un negozio. A “Domenica in” ci buttava in scena, voleva vedere la spontaneità. Una volta non avevamo il finale montato e lui disse “io inquadro il soffitto, tu improvvisa».

Albertazzi l’aveva definita “L’artistissima”...

«Uno dei più grandi del teatro italiano. E poi era buffissimo. Lo chiamavo "maestro” ma gli davo del tu».

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