Cittadino del mondo, con la Sardegna nel cuore. Simon Giuseppe Floris è un giovanissimo operatore del settore cinematografico che ora vive a New York ma che porta con sé una storia di viaggi e traslochi, e pur avendo visto posti meravigliosi resta convinto di una cosa: «Le spiagge della Sardegna sono in assoluto le più belle del mondo».

Il ramo paterno della sua famiglia è originario dell’Isola: padre di Cagliari emigrato a Bergamo per frequentare l’accademia della Guardia di finanza, nonno Giuseppe – detto Peppino – di Desulo, nonna Giovanna – detta Gianna – di Sant’Andrea Frius. Oggi vivono a Cagliari. E Simon Giuseppe, 23 anni, conosce bene molte zone perché fin da piccolo le vacanze erano ad Alghero, Santa Teresa Gallura, Santa Margherita di Pula, Orgosolo.

Mamma danese, i suoi genitori si sono conosciuti in Grecia, a Santorini, si sono fidanzati poi lei è venuta in Italia. Vivevano nel Lazio prima di trasferirsi tutti – compreso il figlio minore, Samuel – a Bruxelles. Una delle tappe che per Simon Giuseppe resta tutt’oggi un punto di riferimento mentre insegue la sua carriera negli Stati Uniti.

Italia, Belgio, quali altri spostamenti?

«A 14 anni sono andato a scuola in Danimarca per un anno, per approfondire la lingua. Poi nel 2016 con tutta la famiglia siamo arrivati a Pechino perché mio padre nel frattempo aveva lasciato la Guardia di finanza e ora lavora per l’Unione Europea. Dopo due anni e mezzo sono andato negli Usa perché il cinema mi ha sempre appassionato. Ho studiato, mi sono laureato nel settore dei film e della tv, e poi ho cominciato a seguire vari progetti. Gli Stati Uniti per me sono un’occasione molto importante, anzi fondamentale, di crescita professionale».

Cosa fa esattamente il montatore cinematografico?

«Mette insieme varie clip per comporre un video coerente, in inglese si chiama “editor”. Ci sono vari punti da sistemare: dall’audio che va sincronizzato all’aggiustamento del colore per far sì che le immagini siano omogenee. Poi c’è tutto il mondo delle transizioni e degli effetti speciali e sonori: ad esempio il rumore dello sparo di una pistola viene aggiunto dopo il girato perché sul set usano armi di plastica per motivi di sicurezza. Non ci si improvvisa, il montatore è un lavoro complicato, richiede cura e attenzione, tutti elementi che ho potuto acquisire grazie agli studi e alle opportunità che ho avuto qui negli Stati Uniti. Ma mi occupo anche di altro».

Di cosa?

«Ho fatto il primo assistente di camera, quindi faccio in modo che l’immagine non sia sfocata. Le telecamere che si usano per il cinema sono molto complesse, e totalmente manuali. Quando si girano video col telefonino c’è l’auto focus, per il set invece si tratta di regolazioni da curare molto bene. Aggiungiamo lenti, cavi, quello che si vede sullo schermo, insomma, è frutto di un grande lavoro».

Simon Giuseppe Floris al lavoro (foto concessa)
Simon Giuseppe Floris al lavoro (foto concessa)
Simon Giuseppe Floris al lavoro (foto concessa)

Quali progetti ha seguito?

«Due molto importanti per la Lego (l’azienda danese che produce giocattoli, ndr) e uno spot di Gucci, per citarne alcuni. I primi fanno parte di una serie tv di tipo “educational” per bambini. Dopo la serie uno mi hanno chiamato per fare anche la seconda e questo mi ha dato una grande soddisfazione».

Ha incontrato personaggi famosi?

«Qualcuno sì, anche se non frequento molto Hollywood: Melissa Barrera, Julianne Moore, il regista Wim Wenders».

E nel suo settore chi sono i “vip”?

«Il montatore più famoso del mondo è Walter Murch, e un altro bravissimo è Paul Rogers, entrambi vincitori di Oscar».

Simon Giuseppe Floris, 23 anni (foto concessa)
Simon Giuseppe Floris, 23 anni (foto concessa)
Simon Giuseppe Floris, 23 anni (foto concessa)

Ha pensato a qualche progetto con la Sardegna come protagonista?

«Se dovessi immaginare un film, dato che è una terra per me molto romantica, inventerei una storia d’amore che si svolge a Cala Gonone, posto meraviglioso».

Attori principali?

«Alessandro Gassmann e Ambra Angiolini».

Per lei la Sardegna è sempre qualcosa di speciale?

«I sardi sono persone uniche, ospitali, che ti mostrano un’amicizia vera e un grande affetto. Per non parlare del lato gastronomico, un mondo di tipicità che ben rappresentano la sua ricchezza».

Ha ritrovato qualcosa di sardo in giro per il mondo?

«In realtà sì, in Cina consumano l’uovo centenario, una sorta di “uovo fermentato”, che viene trattato in un modo particolare, non saprei riprodurlo. Ma mi ha fatto pensare al casu marzu, di cui mio padre mi ha raccontato spesso. Di Sardegna si parla sempre, insomma, a ogni latitudine».

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