Amare la Sardegna non è cosa tanto rara, ma c’è chi va alla scoperta di luoghi sconosciuti ai più, li studia, li fotografa, realizza video e poi li propone al popolo di internet che tante volte, pur chi vive nei dintorni, non sa di essere circondato da bellezze senza paragone. Gian Luca Barchi e Michele Chiesa, che si definiscono “Diversamente Sardi”, 51enne di Forlì il primo, 33enne di Flero, nel Bresciano, il secondo, da tempo girano l’Isola alla ricerca delle sue ricchezze per documentare ciò che vedono e metterlo a disposizione del prossimo.

Non ne fanno un lavoro, e non ci sono fini di lucro. “Pura e semplice passione - spiega a L’Unione Sarda Gian Luca – nata alcuni anni fa e che continuiamo a coltivare con sempre nuovi progetti”.

Cosa fate esattamente?

“Visitiamo siti nuragici, pozzi sacri, tombe dei giganti, domus de janas e col tempo ci siamo perfezionati. Prima facevamo foto e giravamo video come turisti. Di recente abbiamo avuto modo di intervistare Nicola Nite dei Tazenda, l’archeologa Ilaria Montis, il divulgatore Pierluigi Montalbano, o anche amministratori comunali per approfondire i vari temi locali. Vogliamo dare un contributo per far conoscere le tante realtà sarde perché, soprattutto fuori dall’Isola, molti ne ignorano l’esistenza”.

Gian Luca Barchi (a destra) e Michele Chiesa (foto concessa)
Gian Luca Barchi (a destra) e Michele Chiesa (foto concessa)
Gian Luca Barchi (a destra) e Michele Chiesa (foto concessa)

Che riscontri avete avuto?

“Tante persone ci dicono ad esempio di non aver mai saputo di posti archeologici magnifici proprio dietro casa, tanti altri ci ringraziano perché magari non si possono muovere e ‘viaggiano’ con i nostri contributi fotografici o video”.

Da dove nasce la passione per la cultura sarda?

“Tutto è partito dalla musica dei Tazenda. Io e Michele ci siamo conosciuti a una festa sarda a Cornaredo, vicino a Milano, in occasione di un loro concerto, e abbiamo poi deciso di andare in vacanza d’estate in Sardegna per seguire il loro tour. In una di queste tappe ci siamo imbattuti nel nuraghe Tuttusoni di Aglientu e ci ha colpito la sua bellezza e purtroppo lo stato di abbandono. Poi è stata la volta di Santu Antine, con la sua maestosità. E il nuraghe Losa, il pozzo di Santa Cristina. Insomma abbiamo scoperto un mondo incredibile”.

C’è un luogo “magico” per voi?

“Tanti. Per fare un nome, il nuraghe Lugherras di Paulilatino: è immerso in un paesaggio mozzafiato, molto isolato e raggiungibile difficilmente con una strada di cinque chilometri che se incontri una macchina che arriva dall’altro senso sei finito e devi ripercorrere la via a ritroso in retromarcia. Scherzo naturalmente, ma è davvero in un posto sperduto, e forse per questo ancora più bello. Poi il nuraghe Crabia a Bauladu, con i muretti a secco e le pecore che pascolano lì accanto. O il più conosciuto pozzo di Santa Cristina a Paulilatino”.

Cosa dovremmo imparare dai nuragici, quelli che state esplorando?

“Sicuramente qualcosa in più su come costruire le nostre case e gli edifici in genere: fabbriche, uffici. Tenendo conto di elementi naturali di cui ci stiamo dimenticando, in una sorta di connessione e relazione con la natura che ormai abbiamo perso”.

Ambasciatori di Sardegna?

“Non abbiamo una formazione ‘archeologica’ per cui ci esprimiamo in modo semplice, ‘come mangiamo’ si dice, no? Il nostro target è la persona che scopre per la prima volta queste ricchezze quindi tentiamo di far combaciare la nostra povertà di termini tecnici e anche a volte imprecisioni con il desiderio di trasmettere un messaggio: esistono realtà che sono da visitare fisicamente per rendersi conto di quanto meravigliose siano”.

Ritenete che la Sardegna tuteli il suo patrimonio?

“All’inizio abbiamo trovato vari luoghi in pessimo stato. Ma c’è da fare una riflessione: in molti casi si tratta di aree quasi inaccessibili, eppure sarebbe disastroso costruire strade o parcheggi. Difficile pensare di intraprendere un’azione strutturata di presenza turistica. Tante volte abbiamo registrato una sorta di abbandono, sappiamo bene che sarebbero necessarie molte risorse e anche che se ci fossero solo 30 luoghi da tutelare sarebbe tutto fattibile, ma qui parliamo di quasi 10mila siti”.

La tomba dei giganti a Siddi (foto "Diversamente Sardi", concessa)
La tomba dei giganti a Siddi (foto "Diversamente Sardi", concessa)
La tomba dei giganti a Siddi (foto "Diversamente Sardi", concessa)

Anche la musica è un ambito che vi affascina, avete imparato il sardo?

“Se qualcuno lo parla velocemente non capiamo, ma se c’è qualcosa da leggere e quelle parole sono nei testi dei Tazenda allora sì. Quando ti appassioni a qualcosa e arrivi a capire tutto fino in fondo succede che a volte ti disamori, quindi è bello che resti un velo di mistero. E poi pur non capendo si sviluppa un’altra sensazione: anche i termini non compresi si trasformano in musica diventando una stupenda melodia”.

C’è un brano in particolare a cui siete affezionati?

“Se devo limitarmi a uno, dico ‘Un alenu ‘e sole’. Mi piace il suo messaggio: ‘Ma tu, una nuvola, mi rubi un respiro di sole’, ‘vieni che sei gradita, luce nella vita’. Ho ascoltato anche altri artisti sardi, ma nessuno per ora mi ha emozionato come i Tazenda. Però se devo scrivere un progetto mi metto le cuffie e via con launeddas o canti a tenore, esempio di quando le parole che non capisco diventano musica”.

Come vi fa sentire il fatto che siano due “continentali” a svelare le nostre bellezze locali?

“Diciamo quasi normali. Capita che qualcuno mi chieda ‘sei andato in quella spiaggia della riviera romagnola?’, e pur essendo vicino a casa mia spesso rispondo ‘no’. Perché a volte è più facile, paradossalmente, conoscere meglio una zona in cui vai come turista rispetto all’area in cui vivi. Venire in Sardegna non è prendere una strada e arrivare, devi usare un aereo o una nave, e mentalmente con questo già ‘stacchi’”.

Il nuraghe Oes a Giave (foto "Diversamente Sardi", concessa)
Il nuraghe Oes a Giave (foto "Diversamente Sardi", concessa)
Il nuraghe Oes a Giave (foto "Diversamente Sardi", concessa)

Ci sono degli spunti di riflessione che volete offrire?

“Sì, certo. Non riesci ora ad andare all’estero per la nota situazione sanitaria? Vai in Sardegna che è vicina e trovi tanti pezzi di mondo: dal mare all’archeologia a una storia che appartiene anche a te, pure se non sei nativo. E poi nell’Isola i tempi sono lenti, riconquisti spazi della tua vita. Da valutare, ironizzo, se si tratti di lentezza sarda o di eccessiva velocità altrui”.

Progetti in corso e futuri?

“A fine ottobre andremo all’Asinara. Vedremo non solo siti archeologici ma realizzeremo video sulla natura. Poi pubblicheremo tutto sui nostri canali Facebook, Instagram e Youtube, così da offrire un nuovo ‘viaggio’ a chi non ci può andare”.

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