«Mio zio Salvatore Pira fu uno dei 300 gavoesi che ai primi del Novecento lasciarono il paese per l’Argentina. Erano stati promessi loro ricchezza e benessere. Spesso si ritrovarono a essere più stanchi e poveri di prima». Con queste parole Piergiorgio Pira, libero professionista di 72 anni, gavoese, racconta le origini di una storia che oggi riavvolge il suo nastro. Due giorni fa, infatti, nel paese barbaricino ha ottenuto la cittadinanza italiana Maria Eva Pira, che nel settembre 2021 era tornata, per restare, nel borgo che fu di suo nonno Salvatore. Prima di lei avevano già fatto rientro in patria, a distanza di generazioni, suo figlio Francisco Manuel Salvador Manesca, 32 anni, e la sua fidanzata, Sofia Bellone, 28 anni, anch’essa argentina di origini italiane. Francisco, arrivato a Gavoi poco prima della pandemia, ha ricevuto il certificato di cittadinanza nel 2020, grazie a quel legame che suo bisnonno Salvatore Pira, poi Salvador, non aveva mai reciso, continuando a tenere la cittadinanza italiana.

Emigrazione al contrario

Non sono gli unici argentini, discendenti di quei coraggiosi che nel primo Novecento lasciarono tutto per imbarcarsi verso le Americhe, che oggi vivono a Gavoi. In totale coloro che finora sono riusciti nell’operazione inversa, che dall’Argentina riporta il sangue sardo in Sardegna, sono sette. Maria Eva Pira, 55 anni, è l’ultima arrivata. Una nuova cittadina del paese disegnato col granito, una nuova italiana. «Quando, nel settembre 2021, per la prima volta mi sono trovata in volo sopra la Sardegna, ho sentito un brivido sulla pelle: la sensazione di aver vissuto qui da sempre – dice allegra Maria Eva – dall’altra parte del mare c’è un altro mondo. Nell’Argentina di oggi non c’è sicurezza, né una moneta che permetta di mettere da parte qualche soldo. Qui, invece, vivo tra persone buone, lavoro e con i risparmi spero di portare a Gavoi mia sorella e mia nipote. Mi emoziono ogni volta che penso a mio nonno, partito da qui a soli 19 anni, senza conoscere la lingua del Paese che poi l’avrebbe ospitato, quello dove son nata da suo figlio Giovanni».

La lingua

L’italiano per Maria Eva, così come per suo figlio Francisco e sua nuora Sofia, è del tutto naturale. L’hanno appresso una volta arrivati a Gavoi. La lingua degli avi e l’intimità del paese barbaricino sono una culla in cui ritrovare le proprie origini. In cui ritrovare se stessi. «È la disperazione che sposta gli uomini. Nei primi del Novecento a Gavoi si diffuse la notizia che in America ci fosse lavoro per tutti – narra in conclusione Piergiorgio Pira, prozio di Maria Eva –Come spiegato in un documento redatto dalla Pro Loco di Gavoi, “I Gavoesi all’Argentina. 1909-2009”, le cause di quest’esodo furono la privatizzazione delle terre comuni e un’agricoltura praticata con metodi arcaici». Si commuove nel leggere il resto del testo: «Lasciano gli affetti più cari, il paese, l’abito locale, la polvere dei campi, il suono delle campane». Ed è certo di una cosa, Pira: «I discendenti di quei prodi gavoesi, che possono ottenere la cittadinanza italiana in modo semplice, chiedono di poter venire qui. Andrebbero aiutati in questo senso, anche per il nostro bene, per contrastare uno spopolamento dilagante. Il nastro si riavvolge, la storia cambia volto: da terra di disgrazia Gavoi passa a essere promessa di felicità, la stessa che qui hanno trovato Maria Eva, Francisco, Sofia e gli altri argentini che, a un secolo di distanza, sono tornati nella patria dei loro avi, quella che adesso sarà per sempre la loro casa».

Daniela Melis

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