Il dibattito sulla necessità di rendere obbligatoria la vaccinazione anti-covid 19, che invero pareva oramai sopito, torna in auge dopo la cosiddetta “stretta” austriaca. E con esso, ritornano pure, accanite più che mai, le molteplici espressioni di “ribellione” sociale verso il nuovo ed (in) esistente “regime sanitario”.

Che la “protesta” ad oltranza sia divenuta una vera e propria “risorsa” politica nelle mani di sparuti gruppi di “disgregati sociali”, pretesi portatori di inediti “diritti assoluti” di rango inferiore, appare innegabile nel contesto socio-giuridico contingente. Il “ricatto” sottile, quale strumento tattico-strategico di un non meglio precisato “potere contrattuale” di scambio all’interno del processo politico, sembra estrinsecarsi tutto nel potenziale “violento” della protesta, nel “dissenso” portato alle estreme conseguenze da “minoranze de-qualificate” prive di rappresentanza e per ciò stesso incapaci di esercitare la necessaria pressione ideologica e politica in forme differenti. Conseguentemente, la scelta tra la tolleranza e la repressione, ovvero il giusto contemperamento tra le due “risposte” sistemiche al dissenso, passa attraverso ogni preventiva valutazione dell’altissimo costo della repressione: nella tolleranza del dissenso, infatti, il Governo parrebbe finora aver intravisto la possibilità di contenere nell’alveo del contesto politico di riferimento, ed in posizione comunque marginale, quei “gruppi” di individui fuoriusciti dagli “insiemi” sociali delle diverse Comunità, ossia, più semplicemente, “esulati” dal raggio di azione del sistema; nella tolleranza del dissenso, inoltre, e paradossalmente a tutto voler considerare, sembra essersi voluta radicare (ed in ciò errando) la pretesa e più intensa forma di stabilità sociale.

Ma il punto è un altro, e la Politica sembra non aver il coraggio di riconoscerlo per poi affrontarlo: può continuare a sopravvivere il “dissenso” quale strumento di persuasione politica al di là ed oltre ogni forma di legalità? Evidentemente no. Ma l’impedirne l’espressione, il voler imporre la “museruola” (perché in tal modo verrebbe maliziosamente percepita la decisione) ad ogni forma di (il) legittima “disobbedienza civile”, condurrebbe alla crisi del sistema, ed al suo crollo, nonostante Mario Draghi ed anzi, proprio per l’operato politico di Mario Draghi che, al pari di Mario Monti (nomina sunt homina), pare essere apparso ai più, e probabilmente lo è, solamente come freddo regolatore di conti al servizio di Bruxelles.

Detto altrimenti: se è vero, come è vero, che il dissenso, nella sua accezione positiva, riesce a svolgere una fondamentale funzione “docimologica” all’interno di ogni sistema democratico per il suo potenziale correttivo delle distorsioni del sistema, tuttavia, è altrettanto vero, che quel medesimo dissenso possa costituire, in casi limitati, la necessaria valvola di sfogo “controllata” di una condizione di umana insoddisfazione sociale che, in situazioni estreme, ben potrebbe deflagrare travolgendo e destabilizzando intere Comunità. Ebbene. Se tale è la cornice politico-sociale di riferimento, allora è giusto, prima che legittimo, con buona pace dei dissenzienti seriali, discorrere in tema di “obbligo vaccinale anti-covid 19” e di “certificazione verde rafforzata” superando definitivamente un tabù fin troppo inflazionato per la sua vetustà ed estemporaneità. Intanto, perché il vaccino consente (ed esiste la prova provata) di arginare il potenziale offensivo del virus. Quindi, perché in applicazione del combinato disposto degli articoli 16 e 32 della Costituzione, ed in applicazione, altresì, del principio cosiddetto di “solidarietà sociale”, l’obbligo vaccinale può essere introdotto senza contestazioni di sorta che possano ritenersi idonee a porne in discussione la legittimità. Infine, perché, sebbene l’obbligo vaccinale sia solamente una ipotesi residuale, ossia la “extrema ratio” posta a chiusura del sistema delle garanzie, tuttavia, ad essa ipotesi occorre fare riferimento in un contesto nel quale (il nostro ad esempio), la “spinta gentile” non sembra aver garantito gli esiti sperati. Chi poi, come Giorgia Meloni in tante occasioni, voglia insistere nel sostenere che il “green pass” sia contrario al regolamento UE 953/21, o non lo ha letto, o non lo ha compreso, oppure vuole semplicemente, quanto pericolosamente, cavalcare l’“ignoranza” di quanti non abbiano gli strumenti per interpretare correttamente i testi normativi più complessi. Lo ripeto una volta per tutte, e sfido chiunque a voler ancora sostenere il contrario. Il regolamento in discorso introduce un solo ed unico divieto: quello, per intenderci, di utilizzare la vaccinazione come “manganello” utile a limitare la circolazione tra Stati dell’Unione, senza in alcun modo incidere su eventuali limitazioni interne esistenti nei singoli Stati Membri. Quel medesimo regolamento, per altro verso, giustifica l’esistenza di eventuali limitazioni interne affermando, a chiare lettere, ed inequivocabilmente, che “gli Stati Membri possono limitare il diritto fondamentale alla libera circolazione per motivi di sanità pubblica”. Alla luce di siffatta enunciazione, pertanto, il richiamato principio di solidarietà sociale “orizzontale”, che già dovrebbe permeare la quotidianità di tutti noi,  dovrebbe semmai potersi riflettere anche sui singoli soggetti di diritto e di diritti in quanto individui appartenenti alla medesima Comunità per essere convintamente persuasi a rispondere positivamente all’imposizione di un determinato obbligo di rilievo sanitario siccome corrispondente ad un interesse sociale superiore in un contesto ove, la pura e semplice spontaneità del comportamento, non sia in grado di offrire opportune garanzie di attuazione di quell’obbligo medesimo. Occorrono, tuttavia, processi decisionali trasparenti e calibrati, ed in questo la Politica è venuta meno al suo ruolo istituzionale. Forse per incapacità, forse per puro e semplice opportunismo: di certo, questa sub-condizione di colpevole confusione decisionale, ha contribuito ad alimentare le già esistenti divisioni sociali quali segnali tangibili di degenerazione generazionale. E’ giunto il momento di percorrere decisamente la via dell’obbligo vaccinale generalizzato anti-covid 19, pure attraverso l’introduzione del “super green pass” (che, negli intenti, vorrebbe non penalizzare i non vaccinati, quanto piuttosto premiare i vaccinati), affrontando una volta per tutte le criticità giuridiche ad essi connesse, relegando in soffitta ogni e qualsivoglia forma di opportunismo politico e, soprattutto, restituendo la necessaria centralità al Parlamento quale organo rappresentativo della società nella sue varie articolazioni.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato – Nuoro)

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