Sono circa 7mila e sono un esercito di studenti, impiegati, liberi professionisti, giovani e meno giovani, uomini e donne, i soccorritori impegnati in Sardegna nelle Associazioni di volontariato o con le cooperative sociali per le attività di emergenza-urgenza e assistenza territoriale.

Dall'elenco disponibile sul sito dell'Areus risultano 193 postazioni di soccorso distribuite in tutto il territorio dell'isola che lavorano per le Centrali operative del 118 nel rispetto di una convenzione che è unica per tutta la Regione.

Sono dislocate in modo che le ambulanze possano raggiungere ogni angolo dell'isola in un minimo di tempo stabilito da un piano territoriale. Tra i soccorritori ci sono volontari veri e propri o lavoratori dipendenti (lo sono per esempio quelli delle Coop) ma tutti coloro che si sono avvicinati per la prima volta a questo mondo lo hanno fatto con il principale obiettivo di essere di aiuto alle persone in difficoltà.

Il mondo del volontariato che opera nei mezzi di soccorso si può raggruppare in sei grandi realtà, alcune nazionali altre locali. Sono le Misericordie, l'Avis, l'Anpas (Associazione nazionale pubbliche assistenze) la Croce Rossa, le associazioni libere e le cooperative).

Oltre a una dotazione minima del parco mezzi, ambulanze acquistati spesso con le raccolte fondi, per ottenere la convenzione con la Regione i volontari devono saper effettuare le tecniche di primo soccorso, di rianimazione e di soccorso per traumi. Devono conoscere anche i protocolli e gli strumenti di comunicazione con la centrale del 118.

Frequentare e superare corsi di formazione e un periodo di affiancamento nelle organizzazioni. Da un anno tutto è cambiato. Anche i volontari hanno dovuto affrontare l'emergenza Covid. Una botta emotiva per chi era sì abituato a intervenire in situazioni drammatiche come gli incidenti stradali, ma non ad avere a che fare con persone malate di un virus sconosciuto, spaventoso e altamente contagioso. Non è stato facile anche per le difficoltà iniziali dovute alla mancanza di DPI.

Ci sono stati contagi, momenti di tensione per le lunghe attese davanti ai Pronto soccorso Covid. Un volontario è morto, un 56enne originario di Busachi, Mariano Flore. E' stato un momento terribile. Ci sono state anche proteste non solo per la carenza dei presidi ma per ritardi nei rimborsi da parte della Regione, e infine per le tariffe giudicate tra le più basse in Italia.

Giovanni Mura, sassarese, ha 42 anni ed è presidente della Federazione regionale delle Misericordie. <Non è stato facile - ricorda - perché sono mancati diversi volontari. Alcuni non se la sono sentita, ed è comprensibile, altri si sono trovati in isolamento, altri ancora sono stati fermati dai loro datori di lavoro>. Nel periodo del primo lockdown gli interventi sono stati quasi tutti per il trasporto di pazienti Covid <Poi è arrivata l'estate - prosegue Giovanni Mura - le attività economiche sono riprese e alla nuova emergenza si sono aggiunti gli altri interventi di soccorso>. Oggi il trasporto di un paziente Covid è una pratica consolidata che però viene sempre seguita con la massima attenzione, da quando si entra nella casa del malato, con procedure fisse, a quando questo viene trasportato all'esterno e caricato nell'ambulanza.

Federico Pintus ha 36 anni ed è presidente della Croce Blu. Un'altra emergenza nel picco della pandemia è stata legata alle dimissioni dagli infettivi. <Avvenivano non appena il paziente, anche se positivo, si era stabilizzato. Allora il letto doveva essere subito liberato per fare posto agli altri. Abbiamo fatto trasporti in piena notte - ricorda - abbiamo visto le famiglie piangere nel rivedere i loro cari, ma anche preoccupate perchè a volte erano impossibilitate a sistemarli in casa in sicurezza. Accadeva sopratutto con gli anziani. E' stato tutto molto faticoso ma anche una fortissima emozione>.
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