Si parla tanto di immunoterapia dei tumori, con la possibilità di insegnare al corpo a difendersi da solo. Ma ci sono forme anche comuni, come quello della mammella triplo-negativo, che si curano ancora con la chemio. Ci sono novità in questo senso?

La lettrice fa riferimento a una forma che rappresenta circa il 15% di tutti i casi di tumore della mammella. Il termine triplo-negativo indica l'assenza di tutti e tre i marcatori che in qualche modo "guidano" il trattamento nelle forme di tumore che invece hanno recettori ben definiti. In questo caso, infatti, le cellule neoplastiche non presentano né il recettore per l'estrogeno né per il progesterone, ovvero quei recettori che portano a definire il tumore "ormono-dipendente" e rendono possibile l'opportunità di puntare sulla terapia anti-ormonale. Nel tumore triplo-negativo non è presente nemmeno il recettore HER2, che caratterizza i tumori definiti come HER2-positivi e consente di personalizzare il trattamento con farmaci biologici specifici.

Purtroppo, nel caso di tumore triplo-negativo non è presente alcuno di questi tre recettori e quindi non è possibile utilizzare né la terapia ormonale né la terapia biologica costituita dagli agenti anti-HER2. È vero che tra i tumori della mammella questo è quello che ha il minor numero di opzioni terapeutiche specifiche, in aggiunta o alternativa alla chemioterapia. In qualche caso, per le donne che presentano la mutazione del gene BRCA (ormai conosciuto come gene Jolie dal nome dell'attrice americana che ha fatto "outing" sulla propria condizione) oggi sono disponibili i PARP-inibitori. Tuttavia si tratta della minoranza dei casi di tumore triplo-negativo, quindi nella maggior parte delle donne con questo tipo di tumore metastatico, l'unica opzione terapeutica a disposizione è rappresentata dalla chemioterapia. Nasce così il bisogno di arrivare a nuovi farmaci da poter utilizzare singolarmente o associare alla chemioterapia, per arrivare a un approccio che si avvicini a quelli già disponibili per le altre forme di carcinoma mammario, che possono beneficiare di associazioni farmacologiche con meccanismo d'azione diverso e combinato tra loro. Recentemente si sta facendo strada l'ipotesi dell'immunoterapia con atezolizumab in caso di tumore metastatico: il farmaco è destinato solo alle pazienti con PD-L1 positivo, che rappresentano comunque ben il 40% delle donne con tumore triplo-negativo. Ci consente di migliorare il controllo di malattia e influisce positivamente sull'aspettativa di vita. Occorre, infatti, la presenza di PD-L1 che, nel carcinoma mammario metastatico triplo negativo, è predittivo dell'efficacia dell'immunoterapia. Solo le pazienti che hanno un tumore PD-L1 positivo sono destinate, quindi, a ricevere atezolizumab in associazione alla chemioterapia.

Lucia Del Mastro, responsabile Brest unit del Policlinico San Martino di Genova
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