Dietro alla frase "non mi piace" ci sono un sacco di sfumature. Per qualcuno si traduce nell’impossibilità di sentire addirittura gli odori di un cibo che proprio non si sopporta, per altri si nasconde solo un capriccio, per altri ancora un determinato alimento diventa difficile da trangugiare.

Ovviamente, caso per caso, c’è una risposta al "disgusto" verso un determinato piatto. Ma attenzione: non sempre gli schifiltosi vanno "forzati" perché mangiano comunque quanto viene posto nel piatto, a patto che non si tratti chiaramente di un vizio da vincere.

Il disgusto verso un cibo, infatti, potrebbe essere solamente una reazione difensiva indotta dalle possibili reazioni che l’alimento stesso potrebbe scatenare, in modo del tutto autonomo, nell’organismo.

L’estrema sensibilità, che arriva a togliere completamente la possibilità di assaporare un gusto, potrebbe quindi essere protettiva e non solo un piccolo, fastidioso vezzo alimentare, visto che aiuterebbe a preservare il benessere.

A farlo sospettare, portando in palmo di mano il disgusto, è uno studio condotto dagli studiosi dell’Università Washington di Saint Louis coordinati da Theresa Glldner, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), la rivista scientifica dell’Accademia delle Scienze americana. Con la repulsione nei confronti di un alimento infatti difenderemmo il corpo dal rischio di infezioni.

L’indagine ha studiato alcuni indigeni dell’Ecuador, particolarmente esposti per motivi ambientali ai rischi di contaminazioni batteriche e virale degli alimenti.

Queste persone sono poi state suddivise proprio in base al senso di repulsione che provavano nei confronti degli alimenti, ovvero si sono considerati i più "schifiltosi" e quelli che invece trangugiavano di tutto.

Nei primi si è visto che in genere i "segnalatori" che indicano la capacità di risposta difensiva nei confronti delle infezioni erano mediamente più bassi, come se in qualche modo essere particolarmente sensibili agli odori e ai sapori degli alimenti e il possibile senso di avversione a determinati cibi potesse rappresentare un meccanismo "difensivo".

Federico Mereta
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