Il calo delle diagnosi di osteoporosi negli ultimi anni è dovuto soprattutto al mancato accesso dei pazienti agli ambulatori a causa del Covid. Lo afferma il rapporto OsMed dell’Agenzia Italiana del Farmaco relativo ai dati del 2020: i medici di Medicina generale che hanno aderito al network Health Search hanno sottolineato un calo del 50% delle diagnosi, da mettere in relazione all’impossibilità, totale o parziale, di accedere ai luoghi di diagnosi e di cura. Le fratture da fragilità, invece, aumentano: un dato  preoccupante che si aggiunge al modo in cui vengono trattati i pazienti con questo tipo di fratture: si stima che un solo soggetto su cinque entri effettivamente in un regime di cura per l’osteoporosi.

I costi sanitari

Secondo i dati comunicati dal Ministero della Salute, in Italia il 23% delle donne oltre i 40 anni e il 14% degli uomini con più di 60 anni è affetto da osteoporosi e questi numeri sono in continua crescita, considerando che l’aspettativa di vita è sempre più alta. Il numero complessivo di pazienti affetti da osteoporosi in Italia attualmente sfiora i 6 milioni. Uno dei problemi strettamente legati all’osteoporosi è quello dei costi sanitari, che potrebbero essere ridotti e invece diventano elevatissimi. Al contrario di quello che si potrebbe pensare, i costi maggiori non sono quelli legati ai farmaci, ma quelli causati dalle conseguenze di osteoporosi misconosciuta, ovvero che non viene diagnosticata fino a che non sopraggiunge una frattura ossea, con conseguenze come l’invalidità transitoria o permanente, mortalità precoce (quindi evitabile), cura e riabilitazione. La mortalità da frattura del femore è del 5% nel periodo immediatamente successivo all’evento e del 15-25% a un anno. Nel 20% dei casi si ha la perdita definitiva della capacità di camminare autonomamente e solo il 30-40% dei soggetti torna alle condizioni precedenti la frattura.

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