Ogni anno in Italia sono 800 mila le persone assistite nei dipartimenti di salute mentale, con 370 mila nuove visite per problemi legati alla psiche.

Crescono, in particolare, le problematiche derivate da disturbi di personalità e da abuso di sostanze stupefacenti.

Un quadro che merita attenzione e approfondimenti, e che è stato presentato oggi alla Camera dalla Società italiana di psichiatria (Sip), a 40 anni dalla legge 180.

Gli psichiatri hanno in particolare denunciato la "grave mancanza di personale in molte regioni con maggiore evidenza per le figure dei medici, psicologi, assistenti sociali ed educatori-tecnici della riabilitazione".

A farsi portavoce dell’importante indagine Bernardo Carpiniello, presidente della Sip e professore ordinario e direttore del dipartimento di psichiatria all'Università di Cagliari: "Attualmente - ha spiegato Carpiniello - il 20% circa della popolazione afferente ai dipartimenti di Salute mentale è costituta da persone con schizofrenia o altri disturbi mentali dello spettro psicotico. Il resto è costituito per circa il 31% da disturbi dell'umore (depressione maggiore 23,5% e disturbo bipolare 7,5%), il 13,5% da patologie comunemente indicate come disturbi nevrotici (quali disturbo ossessivo compulsivo, da stress post-traumatico, di panico o da ansia generalizzata, fobici o somatoformi)".

"Una quota significativa - ha ricordato Carpiniello - è costituita da altre patologie in crescente ascesa come i disturbi di personalità (circa il 7%, spesso in comorbidità con altri disturbi mentali), da altri disturbi psichici e da uso di sostanze (circa il 18%), da quelle 'tradizionali' come alcol, eroina, cocaina, cannabis, a quelle 'nuove' quali cannabinoli e psicostimolanti sintetici, e dalle cosiddette dipendenze comportamentali (circa il 4,5%). Una novità di questi ultimi anni riguarda le problematiche psichiche legate alla popolazione immigrata, in crescente ascesa che, in alcune regioni e soprattutto nel Centro Nord raggiunge circa il 10% della utenza totale".

Numeri di grandissimo rilievo, dunque, e che “richiedono enormi capacità di gestione e intervento, anche in urgenza”.

Il personale che lavora nei servizi di salute mentale italiani (psichiatri, psicologi, assistenti sociali, infermieri, educatori e tecnici della riabilitazione, amministrativi), conta ad oggi “circa 31 mila unità. Ma lo standard complessivo previsto per legge è di 1 operatore ogni 1.500 abitanti (tra l'altro un numero definito, e mai più modificato, nel 1994) mentre la media nazionale effettiva è 0,94 (6% in meno)”.

Su 21 Regioni e province autonome, in 14 si è al di sotto dello standard e in particolar modo al centro sud, dove la Sardegna – regione tra quelle maggiormente gravate dai più elevati tassi di prevalenza di depressione oltre che di suicidi – non fa eccezione.

"Con grandi principi, ma senza risorse, è difficile fare la storia, pur di fronte ad un passo straordinario come l'abolizione dei manicomi - ha precisato Claudio Mencacci, che dirige uno dei più grandi dipartimenti italiani (e non solo) di neuroscienze e salute mentale, quello dell'Asst Fatebenefratelli-Sacco di Miano -. Se 40 anni fa questa decisione fu prima di tutto un gesto politico che giunse in coda ad altre battaglie per i diritti civili, una scelta per aiutare i 'malati dimenticati' e che ha portato l'Italia ad esempio nel mondo, oggi serve ben altro per continuare il lavoro iniziato dal professor

Basaglia".

(Unioneonline/v.l.)
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