«L’abitudine al fumo rappresenta di per sé uno dei più grandi problemi della sanità pubblica a livello mondiale e costituisce, allo stesso tempo, uno dei maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di patologie tumorali, cardiovascolari e respiratorie. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), entro il 2030 il fumo potrebbe causare la morte 8 milioni di persone all’anno». Questo il punto di partenza scelto da Paolo Serra, immunologo e allergologo del Policlinico "Duilio Casula”, a “15 minuti con…”, il talk di approfondimento sulla salute dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, in collaborazione con il gruppo Unione Sarda, e condotto dal giornalista Fabrizio Meloni, responsabile Comunicazione e relazioni esterne dell’Aou.

«Oltre al tumore del polmone, il fumo di sigaretta rappresenta», prosegue Serra, «anche il principale fattore di rischio per le malattie respiratorie non neoplastiche, come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), che ha una prevalenza del 5% circa nella popolazione ed è uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare: i fumatori hanno un rischio di mortalità, a causa di una coronaropatia, superiore da 3 a 5 volte rispetto ai non fumatori. Inoltre, una persona che fuma per tutta la vita ha il 50% di probabilità di morire per una patologia direttamente correlata al fumo. La qualità di vita del fumatore è seriamente compromessa dalla maggiore frequenza di patologie respiratorie (come tosse, catarro, bronchiti ricorrenti e riesacerbazioni dell’asma) e cardiache (come ipertensione, ictus e infarto). La gravità dei danni fisici dovuti all’esposizione (anche passiva) al fumo di tabacco, è direttamente proporzionale all'entità complessiva del suo abuso per cui sono determinanti l’età di inizio, il numero di sigarette giornaliere e il numero di anni di fumo».

«Smettere di fumare è difficile, spesso sono necessari più tentativi ma alla fine in molti ce la fanno», interviene l’altra ospite, la professoressa Stefania Redolfi, pneumologa sempre del “Duilio Casula”: «Il primo passo da compiere, forse il più difficile per certi aspetti, è quello di decidere di smettere. Per maturare questa decisione è importante riflettere sulle ragioni per cui si fuma e per cui si vuole smettere, ma anche sulla propria “storia di fumatore”. In questa fase può essere utile compilare un diario del fumatore di cui esistono forme cartacee oppure su cellulare facilmente accessibili online».

«Una volta che la decisione di smettere è presa», continua Redolfi, «si passa alla fase di azione: è importante stabilire una data precisa, non troppo lontana. È fondamentale conoscere quali sono i sintomi dell’astinenza (desiderio impellente di fumare, difficoltà a concentrarsi, sensazione di frustrazione e rabbia, insonnia, sensazione di deprivazione, aumento di peso, stipsi) e sapere che essi sono più forti nei primi giorni, ma si attenuano nel tempo. Il desiderio impellente di sigaretta dura solo pochi minuti, per cui è necessario distrarsi a volte semplicemente bevendo un bicchiere d’acqua o facendo una passeggiata. Sono disponibili dei farmaci per cercare di controllare questi sintomi che possono essere utilizzati con l’aiuto di un medico. Una volta smesso non si deve più fare nemmeno una tirata. È importante comunicare ad amici e parenti la decisione in modo da ricevere incoraggiamento e sostegno e parlare con il proprio medico di famiglia, con specialisti o chiamare il Numero verde contro il fumo 800 554088, un servizio nazionale anonimo e gratuito».

«Può capitare di ricominciare a fumare», sottolinea la professoressa Redolfi, «e in tal caso non ci si deve scoraggiare, le ricadute fanno parte di questo percorso. Dalle ricadute si può imparare: riflettere su cosa ci ha indotto a ricominciare ci sarà utile al prossimo tentativo per andare più lontano e avvicinarci sempre più all’obiettivo: smettere definitivamente».

Luca Mirarchi

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