La diagnosi prenatale è un insieme di indagini, strumentali e di laboratorio, che hanno lo scopo di monitorare aspetti dello stato di salute del feto durante la gravidanza, dalle prime fasi dello sviluppo embrionale fino ai momenti che precedono il parto. Le indagini prenatali permettono di individuare precocemente malattie che possono essere causate da anomalie del DNA, da alterazioni dei cromosomi, da patologie infettive contratte in gravidanza, come la rosolia o la toxoplasmosi, dall’assunzione di farmaci che possono indurre malformazioni fetali e da altre cause tra le quali, alcune, curabili in utero prima della nascita.

In una puntata di “15 minuti con…”, il talk di approfondimento sulla salute dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, in collaborazione con il gruppo Unione Sarda, ha affrontato l’argomento la dottoressa Silvia Ajossa, del Centro integrato di procreazione medicalmente Assistita (PMA) e diagnostica ostetrica-ginecologica del Policlinico Duilio Casula, rispondendo alle domande del giornalista Fabrizio Meloni, responsabile della Comunicazione e delle relazioni esterne dell’Aou.

«Si comincia con lo Screening del primo trimestre», spiega la dottoressa: «il Test combinato è appunto la metodica di screening del primo trimestre, utilizzata nel nostro centro e che deve essere offerto a tutte le donne in gravidanza, indipendentemente dall’età e dalla modalità di insorgenza della stessa. Il test rivela il rischio per la data paziente di avere un feto colpito da una delle principali anomalie cromosomiche. Viene eseguito tra le 11 e le 13+6 settimane. Si basa sulla combinazione dell’età materna, del quadri-test, (free-BHCG, PAPP-A) e della valutazione ecografica di translucenza nucale, presenza/assenza dell’osso nasale, rigurgito tricuspidalico e dotto venoso».

«Durante lo stesso esame», prosegue Ajossa, «il nostro centro offre anche la possibilità di eseguire lo screening per la Preeclampsia (patologia grave legata alla gravidanza) attraverso l’anamnesi personale (BMI, età, etnia e fumo), il dosaggio di PIGF, pressione arteriosa e la misurazione delle arterie uterine. In caso di rischio aumentato per pre-eclampsia precoce e/o tardiva, esiste la possibilità instaurare una terapia profilattica con acido acetilsalicilico. Inoltre, durante questo esame viene fatta una prima valutazione della morfologia del feto. Raccolti tutti i dati necessari, il software determinerà il rischio calcolato caratteristico della paziente. Nel caso di un rischio elevato (maggiore di 1 a 250) o in presenza di patologie genetiche in famiglia, la coppia viene inviata per consulenza genetica presso il reparto dell’Ospedale Binaghi dalla Professoressa Sabrina Giglio. Durante il colloquio potrà essere indicata l’esecuzione di test di diagnosi prenatale invasiva o del test sul DNA fetale su sangue materno (cfDNA). La diagnosi prenatale invasiva consente di porre una diagnosi di certezza, ed è rappresentata dalla villocentesi (prelievo dei villi coriali, a partire dalle 10 settimane) e l’amniocentesi (prelievo di liquido amniotico, a partire dalla quindicesima) eseguiti sotto guida ecografica continua».

«Lo Screening del secondo trimestre», riporta la dottoressa, «consiste nell’ecografia morfologica, si esegue tra le 19 e le 21 settimane compiute di età gestazionale e offre la possibilità di valutare la crescita fetale, e soprattutto di valutare l’anatomia del feto ed eventuali malformazioni a carico dei principali apparati; però è doveroso specificare che secondo le ultime linee guida SIEOG, risalenti a novembre 2021, l’esame ecografico effettuato per lo screening delle anomalie fetali tra le 19 e le 21 settimane consente di identificare dal 20 al 50% delle malformazioni più rilevanti. Da menzionare inoltre l’Ecografia fetale, un esame diagnostico che ha come finalità il controllo sequenziale dell’anatomia cardiaca fetale allo scopo di evidenziare o escludere la presenza di una cardiopatia congenita (CC) nei feti a rischio».

Luca Mirarchi

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