C'è lo zampino dei Neanderthal nel rischio di avere una forma grave di Covid-19: a questa particolare manifestazione della malattia da nuovo coronavirus sono, infatti, legati alcuni geni localizzati sul cromosoma 3, ed ereditati ben 60mila anni fa.

A indicarlo la ricerca pubblicata sulla rivista "Nature" e coordinata da Svante Pääbo e Hugo Zeberg, dell'Istituto tedesco Max Planck per l'antropologia evolutiva.

LA SCOPERTA - I ricercatori hanno scoperto che la regione sul cromosoma 3, associata al rischio di insufficienza respiratoria in caso di infezione da Sars-CoV-2, deriva da una sequenza di dna che comprende sei geni e che è stata ereditata dai Neanderthal. Una sequenza presente nel dna di circa la metà degli individui in Asia meridionale e nel 16% degli europei.

I RISCHI - Gli studi evidenziano in particolare che, in chi ha sviluppato il Covid-19, questa eredità genetica è legata a un rischio tre volte maggiore di dover ricorrere alla ventilazione meccanica.

La conclusione si basa sull'analisi dei dati genetici di 3.199 pazienti con una forma severa di Covid-19 e sull'osservazione che alcune varianti genetiche presenti sul cromosoma 3 erano troppo frequenti per essere mutazioni casuali.

LO STUDIO - La regione genetica identificata è inoltre molto lunga in quanto comprende oltre 49mila paia di basi che vengono trasmesse tutte insieme: un elemento, questo, che suggerisce che la sequenza sia stata introdotta tutta insieme nel dna umano e che sia stata perciò ereditata.

È scattata così la caccia alle origini di questi geni, a partire dall'analisi del dna degli uomini di Denisova e di Neaderthal. E proprio nel genoma dei secondi è stata individuata una regione molto simile alla sequenza genetica trovata nei pazienti con la forma grave della malattia.

Secondo Zeberg e Pääbo la combinazione di geni è stata introdotta quando le due specie si sono incrociate, circa 60mila anni fa. Ciò che ancora non è chiaro è il perché questo frammento del cromosoma 3 aumenti il rischio di malattie gravi. Su questo aspetto, ha detto Pääbo, "noi e altri ricercatori stiamo già indagando".

(Unioneonline/v.l.)
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