Il sistema sanitario da circa 10 anni ha autorizzato l'utilizzo della cannabis a scopi terapeutici, ma la sua prescrizione risulta ancora difficoltosa ed è poco conosciuta. È quanto emerso nel corso del convegno promosso dall'Ordine dei medici di Oristano sulla corretta prescrizione della cannabis terapeutica.

L'appuntamento si è svolto nella sala conferenze del museo Diocesano in collaborazione con la Società italiana per la ricerca sulla cannabis. "Le potenzialità e la bassa tossicità della cannabis - spiega Paolo Poli, primario dell'azienda ospedaliera Pisana - si scontra col fatto che attualmente non è prescrivibile a dosaggi standard come i farmaci comuni, ma va dosata in maniera differente per ogni persona per avere i migliori benefici con la minima tossicità. Il medico deve quindi acquisire una formazione specifica al fine di raggiungere l'obiettivo cercato evitando gli effetti collaterali che potrebbero derivare da un uso improprio o da dosaggi sbagliati".

I relatori hanno tenuto a precisare la differenza tra la cannabis medica e quella venduta ad uso industriale e ludico. Come hanno spiegato Piero Davolio, direttore di farmacia a Firenze, e l'avvocato Nicomede Di Michele, di Frattamaggiore, tra i massimi esperti italiani nella materia, la cannabis terapeutica proviene da una linea genetica costante, tutte le piante hanno un profilo genetico uguale e viene coltivata in ambiente chiuso e protetto, con procedure standardizzate per quel che riguarda la crescita, la raccolta e il confezionamento.

"Viene garantito un prodotto a contenuto costante di principi attivi e una bassissima presenza di elementi contaminanti quali batteri e muffe - dicono i due relatori - solo così è possibile prescrivere il prodotto ai pazienti immuno-depressi che, oltre ad essere gravemente malati, hanno un maggior rischio di esporsi ad infezioni microbiche. Altro limite da superare è quello della carenza di studi scientifici effettuati con le severissime e complesse metodologie richieste dalla comunità scientifica internazionale necessari al riconoscimento di un farmaco per determinate patologie".

Attualmente gli studi sono in corso e sembrano confermare le aspettative dei ricercatori. Le evidenze empiriche mostrano i benefici della cannabis medica per "modulare" il dolore oncologico e non solo, per ridurre gli spasmi muscolari della sclerosi multipla e nel Parkinson, per combattere l'inappetenza, il vomito e la nausea da chemioterapia e per diverse altre applicazioni, il tutto, a corretti dosaggi, con effetti collaterali irrilevanti per la maggior parte dei pazienti".

Per poter promuovere la cannabis al rango di farmaco efficace, testato e garantito a livello internazionale sarà però necessario, come detto, completare l'iter degli studi avviati, studi ai quali anche ai medici convenuti al convegno è stato chiesto di partecipare.

Relativamente agli aspetti legali è stato ricordato che l'Italia questa volta risulta all'avanguardia rispetto alla maggior parte dei Paesi europei e degli Stati Uniti. L'approccio del legislatore italiano è andato infatti nella direzione giusta, distinguendo le diverse tipologie di cannabis, dettando norme severe per la sua produzione e consentendo la prescrizione a tutti i medici secondo scienza e coscienza. In singoli casi addirittura il medico può, sotto la sua diretta responsabilità, impiegare un medicinale per un'indicazione, o una via di somministrazione, o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata.
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