Molto si è compreso in questi anni, ma tanto c’è ancora da scoprire. I disturbi dello spettro bipolare sono caratterizzati da un’alternanza tra stati emotivi profondamente distanti tra loro: la depressione e la mania, idealmente collocati ai due poli opposti.

Nonostante i passi avanti compiuti negli ultimi decenni, tuttavia, non è ancora nota la causa esatta alla base del fenomeno; allo stesso tempo, si conferma difficile individuare correttamente tale condizione. È opinione diffusa che l’ereditarietà e l’azione di determinate sostanze prodotte dall’organismo (come ad esempio la norepinefrina e la serotonina) potrebbero avere un ruolo importante in questo contesto, ma al momento non c’è ancora un’eziologia precisa.

La sintomatologia

Gli episodi “sintomatici” del disturbo bipolare generalmente si alternano ai cosiddetti periodi di remissione, totalmente privi di segnali. Questi fenomeni possono durare da poche settimane fino a tre-sei mesi: sono cicli dalla durata estremamente variabile; nei casi più seri si registrano fino a quattro episodi l’anno. La depressione, nell’ambito del disturbo bipolare, è molto simile a quella “tradizionale”: il soggetto perde interesse per la vita di tutti i giorni, si rifugia nel sonno, può avere oscillazioni di peso ed è afflitto da un senso di inutilità. Sintomi psicotici, come le fissazioni o le allucinazioni, sono invece più specifici del disturbo bipolare. Gli episodi depressivi sono generalmente molto lunghi, a differenza di quelli maniacali, che tendono a durare meno e a terminare in maniera  brusca. Il soggetto, in questi ultimi casi, si sente energico, euforico o irritabile. Può dormire poco e parlare più del solito, è facilmente distratto e si dedica a una serie di attività in maniera incalzante, senza riflettere sulle conseguenze di possibili azioni pericolose: in sostanza, chi attraversa un episodio maniacale non ha la padronanza di sé.

Una delle condizioni più frequenti è il tachipsichismo, ossia l’accelerazione del flusso ideativo. Nelle forme più serie questo fenomeno - abbinato a un allentamento dei nessi associativi, con un collegamento tra concetti sempre più superficiale - sfocia in quella che viene definita “fuga delle idee”: il soggetto fa fatica a mantenere l’attenzione e il focus si sposta continuamente nel giro di pochi secondi, al minimo stimolo esterno. Una situazione di questo tipo finisce per ostacolare la propria vita sociale, con conseguenze purtroppo facilmente immaginabili.

La psicosi maniacale è la forma estrema di mania, che può scivolare fino alla schizofrenia: la persona ha manie di grandezza o può sentirsi perseguitato da entità decisamente più grandi di lui. L’attività psico-fisica può essere talmente alterata, finendo per sfinire il soggetto. In questi casi, la necessità di un trattamento è immediata. Meno grave, ma non per questo da sottovalutare, è l’ipomania: il paziente si sente allegro, è fisicamente attivo, necessita di poco sonno e si percepisce pieno di energia. Cambia però rapidamente umore e può essere turbato da questa condizione, perché la riconosce come tale. Gli scatti d’ira sono molto frequenti. Il paziente può scoppiare in lacrime in piena esaltazione oppure scivolare verso la depressione di sera, per poi svegliarsi in preda a un episodio maniacale.

La diagnosi

Per arrivare alla diagnosi del disturbo bipolare è necessario un attento esame dei sintomi. Il soggetto affetto da mania, infatti, può non riferire correttamente la propria situazione in quanto non sente di avere dei problemi.

Per questo motivo è necessario che lo specialista abbia un confronto con i familiari. Il medico, oltre al colloquio con il soggetto in merito a possibili pensieri autodistruttivi, deve esaminare i farmaci assunti dal paziente, per verificare se uno di questi possa contribuire ai sintomi.

In alcuni casi, poi, vengono richiesti degli esami del sangue per controllare l’eventuale presenza di ipertiroidismo, nonché test  delle urine per appurare il possibile uso di sostanze psicotrope. È dunque essenziale determinare correttamente la condizione per far sì che il trattamento venga tarato sulle esigenze del paziente, in modo da gestire al meglio il problema.

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