Considerata una patologia tipica dell’età adulta, l’ipertensione (caratterizzata da valori stabili di pressione arteriosa superiori a 140/90 mm di mercurio) si sta diffondendo sempre più tra i bambini e gli adolescenti, di pari passo con l’aumento del peso: infatti, una metanalisi pubblicata su JAMA Pediatrics che ha esaminato le evidenze raccolte in oltre vent’anni di ricerca (dal 1994 al 2018) ha calcolato che - su un campione di 186.630 soggetti dai 6 ai 19 anni - era iperteso il 15,27% degli obesi e il 4,99% dei sovrappeso, contro l’1,9% degli aventi un peso normale; lo stesso studio ha evidenziato anche un aumento dei casi dal 75% al 79% in soli quindici anni, dal 2000 al 2015.

Una situazione di per sé preoccupante, giacché la pressione alta è un fattore di rischio accertato per le malattie cardiovascolari e renali, resa ancora più grave dalla mancanza di terapie ad hoc per i pazienti in età pediatrica: ad oggi, infatti, l'ipertensione infantile viene trattata con il captopril (un farmaco antipertensivo di uso comune, appartenente alla classe degli ACE-inibitori) assunto sotto forma di compresse - il cui uso è approvato solo per gli adulti - o di formulazioni liquide estemporanee.

Purtroppo tali strategie non sono esenti da criticità: innanzitutto, possono manifestarsi reazioni avverse alle compresse, legate al tipo di eccipienti o ai dosaggi non adeguati all'infanzia; in secondo luogo, le formulazioni liquide estemporanee (preparate e somministrate in breve tempo, a causa dell'instabilità in acqua del captopril) non assicurano il rilascio di una dose costante di farmaco, col rischio che risultino tossiche o inefficaci a seconda della quantità liberata.

Per ovviare a questi inconvenienti, è auspicabile lo sviluppo di formulazioni adatte anche ai più piccoli in termini di efficacia, sicurezza e facilità di assunzione, e sembra che un gruppo di ricerca dell'Università di Sassari sia riuscito in questo intento attraverso uno studio di formulazione, pubblicato di recente su Pharmaceuticals.

La ricerca

Lo studio è stato condotto dai ricercatori Noelia González, Massimo Cossu, Paolo Giunchedi, Elisabetta Gavini e Giovanna Rassu del Dipartimento di chimica e farmacia, in collaborazione con Guido Cerri del Dipartimento di architettura, design e urbanistica, e Jesús Molpeceres dell'Università di Alcalà, con lo scopo di sviluppare delle formulazioni liquide di nanoparticelle (navette farmacologiche) capaci di proteggere il captopril e di rilasciarlo in quantità adeguate nei tessuti bersaglio, risultando stabili e sicure.

Dunque, ricorrendo alla tecnica della nanoprecipitazione, gli studiosi sono riusciti a mettere a punto queste navette senza usare i tensioattivi - eccipienti stabilizzanti che possono creare problemi ai bambini molto piccoli - semplicemente mescolando la cellulosa acetoftalato (un agente di rivestimento) e il chitosano (un polimero naturale) in rapporto 1:3. Ciò ha fatto sì che i due polimeri, attirandosi l'un l'altro, formassero delle nanosfere stabili in forma liquida (infatti, dopo 28 giorni, le dimensioni e le quantità di farmaco erano invariate) capaci di liberare il 70% del captopril dopo 2 ore a pH intestinale nelle simulazioni in provetta. Altri test hanno dimostrato altresì che sono sicure per le cellule di neonato, giacché ne hanno ridotto il numero (di poco) solo dopo 48 ore alla massima concentrazione testata.

Conclusioni

Alla luce di questi risultati, è possibile che in futuro tali formulazioni potranno essere assunte per via orale (con l'aggiunta di edulcoranti e aromatizzanti per renderle più gradevoli e aumentare l'adesione alla terapia) o endovenosa, per trattare l'ipertensione fin dalla più tenera età.

Jessica Zanza

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Aziende e salute psichica

Sempre più aziende adottano piani di mental health per incentivare la comunicazione interna e scalfire i tabù. Tra le iniziative, anche la palestra, l'assenza di orari e badge e il lavoro per obiettivi.

Un percorso, quello dedicato al benessere aziendale, che include anche altre iniziative rivolte ai dipendenti della startup, come i corsi di fitness, a cui hanno aderito più della metà dei dipendenti, l'assenza di orari e di badge e il lavoro misurato per obiettivi.

«Sin dal principio abbiamo voluto», spiegano i dirigenti dell’azienda Isendu di Firenze, che per prima ha adottato questa strategia, «che ci distinguessimo in quanto realtà innovativa non soltanto sotto l'aspetto tecnologico, ma anche dal punto di vista della relazione tra le persone che la vivono ogni giorno e che meritano una tutela quotidiana del loro benessere».

Nasce così l'idea di introdurre un consulente aziendale come facilitatore dei reparti. «Il nostro obiettivo è affiancare alle misure quantitative, sicuramente indispensabili alla valutazione del lavoro svolto, una serie di elementi qualitativi, che vanno dalla serenità del dipendente alla fiducia tra risorse e organizzazione, passando per momenti di scambio e ricreazione, incentivi alla comunicazione e allontanamento da preconcetti legati alla psicoterapia che a nostro avviso è il momento di abolire».

Secondo una ricerca svolta da Asana , software per la gestione del lavoro online, incentrata sul lavoro agile e sul funzionamento delle imprese dopo due anni di pandemia, non sono pochi i dipendenti che dichiarano di sentirsi in una posizione di stallo, vittime di processi poco chiari e di un mondo in rapido cambiamento.

L'emergenza è chiara: più del 40% soffre di burnout, il 33% riscontra una capacità di attenzione ridotta rispetto al passato, il 40% considera il burnout una parte inevitabile del successo. Ecco perché, commenta lo studio, non basta più il pensiero individuale, ma è indispensabile che le aziende instaurino una "strategia per ripristinare il dibattito" e mettano a disposizione delle proprie risorse gli strumenti per tutelare la salute mentale e l'equilibrio tra vita e lavoro.

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