L’olfatto è uno dei nostri cinque sensi, uno strumento fondamentale per la percezione e la comprensione della realtà con cui interagiamo. La capacità di sentire gli odori è dunque importantissima, e per questo il suo venire meno rappresenta un notevole handicap, capace di pregiudicare seriamente la qualità della vita. In questo caso, quando la riduzione del senso dell’odorato è totale, si parla di anosmia, che fa parte della famiglia dei disturbi dell’olfatto insieme all’iposmia (riduzione parziale del senso dell’odorato) e alla parosmia (riduzioni qualitative dell’olfatto).

Quando può succedere

L’anosmia, intesa come problematica che pregiudica completamente l’olfatto, per fortuna è piuttosto rara. Quando è presente però sono due le distinzioni che si possono fare per questa patologia. La prima riguarda il suo essere temporanea o definitiva, la seconda si basa invece sulla sua origine, che può essere di natura ostruttiva o neurologica. Tra l’altro sono proprio le cause dell’anosmia a determinare il suo essere temporanea o definitiva.

Nel dettaglio può essere un’ostruzione intranasale a causare la perdita totale dell’olfatto, impedendo alle molecole odoranti di raggiungere i recettori olfattivi nel tetto di ciascuna cavità nasale e i neuroni provenienti dal bulbo olfattivo. La ricezione degli odori è infatti fondamentale affinché questa si traduca in un segnale trasmesso e infine percepito dal cervello.

A causare un’ostruzione tale da portare alla perdita totale dell’olfatto sono disturbi come adenoidi ipertrofiche, adenoidite, raffreddore, rinite ipertrofica, rinite allergica, sinusite. In particolare, malattie comuni come la sinusite e le riniti sono implicate in una quota significativa dei casi di anosmia e iposmia. Più raro è invece il caso in cui sono i polipi nasali a determinare la problematica. Va detto che in questi casi l’anosmia è tipicamente temporanea, quindi la cura del disturbo alle vie respiratorie porta al recupero dell’olfatto.

Più complessa è la questione quando l’anosmia può derivare anche da una compromissione dei nervi sensoriali che compongono il bulbo olfattivo, o in qualsiasi punto lungo il percorso attraverso il quale il segnale dell’odore viene trasmesso al cervello. Ciò avviene per esempio con l’invecchiamento, il quale comporta una diminuzione del numero di cellule nel bulbo olfattivo così come dell’area di superficie dell’epitelio olfattivo. Incidono poi disturbi neurodegenerativi come l’Alzheimer e il morbo di Parkinson, l’encefalopatia di Wernicke e tumori cerebrali come il meningioma.

Infine, anche i traumi cranici, quando danneggiano il naso e i seni paranasali o anche il bulbo olfattivo e le aree della corteccia cerebrale preposte all’olfatto, possono portare ad anosmia temporanea o permanente.

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È un sintomo del Covid, ecco come si può agire

L’anosmia, quasi sempre associata alla perdita del gusto (chiamata ageusia), è stata uno dei più noti sintomi dell’influenza da Covid-19 fin dai primi mesi della pandemia. Si tratta di un risvolto su cui il dibattito e la ricerca scientifica sono ancora attivi, in quanto se è vero che nella maggior parte dei casi il recupero dei due sensi perduti è avvenuto in tempi ragionevoli, per una quota minoritaria ma comunque significativa di pazienti affetti da long Covid l’anosmia (o perlomeno la parosmia, ovvero la riduzione qualitativa dell’olfatto) è stata una condizione con cui hanno dovuto convivere - e in alcuni casi stanno ancora convivendo - per mesi o addirittura anni dopo l’infezione.

I dati danno un quadro di quanto appena esposto. Uno studio firmato anche dal professor Paolo Boscolo-Rizzo del Dipartimento di neuroscienze all’università di Padova, aveva tenuto sotto osservazione 202 malati di Covid-19 in forma moderata e in isolamento domiciliare. Tra di essi, più del 64% riferiva della perdita sia dell’olfatto che del gusto, e in particolare il 10% ha indicato questa riduzione sensoriale come uno dei primi sintomi della malattia, mentre il 20% ne ha descritto l’arrivo insieme al resto della sintomatologia. Da segnalare che solo il 3% del campione ha segnalato di aver avuto l’anosmia come unico segnale del contagio da coronavirus. Diverse ricerche hanno inoltre mostrato come la perdita totale dell’olfatto causato dal Covid-19 sia più frequente tra gli occidentali rispetto ai cinesi, probabilmente perché dotati di più recettori ACE-2 (la via principale di ingresso del virus) nell’epitelio olfattivo che riveste il setto nasale e i turbinati.

Rimedi conosciuti e nuovi

Ma a cosa è dovuto questo sintomo, che in genere si manifesta nella fase intermedia della malattia? Le cause principali derivate dal coronavirus sono l’edema alla mucosa nasale, ovvero un gonfiore della stessa, oppure una lesione dell’epitelio olfattivo. Nel primo caso (anosmia trasmissiva) uno spray nasale con cortisone può aiutare fin da subito, mentre nell’anosmia neurale occorre stimolare l’epitelio del naso attraverso un’opera di “riabilitazione olfattiva”. Questa consiste nell’aiutare l’epitelio olfattivo a riprendere le sue funzioni esponendolo a odori intensi e famigliari come quelli di aceto, limoni e formaggi stagionati.

Ma come detto in apertura, la ricerca è all’opera anche su questo fronte. In uno studio del 2023 realizzato dall’istituto Jefferson Health di Philadelphia negli Stati Uniti, è stata descritta una tecnica per ripristinare l’olfatto perduto nei pazienti affetti da long Covid. Si tratta di una procedura della durata di 10 minuti, che senza bisogno di sedazione o analgesia endovenosa prevede di iniettare, su un lato del collo, un anestetico direttamente nel ganglio stellato, composto da nervi presenti su ciascun lato del collo, e che regola diversi processi involontari del nostro organismo quali la respirazione e la frequenza cardiaca. L’idea dei ricercatori americani è partita dal fatto che il blocco del ganglio stellato è già utilizzato con buon successo per trattare patologie come la cefalea a grappolo e l’aritmia cardiaca. I risultati mostrati tra i 54 pazienti esaminati sono stati positivi, portando una ventata di ottimismo per una possibile soluzione all’anosmia e alla parosmia da long Covid.

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I farmaci: causa o cura

Da farmaci che possono causare l’anosmia ad altri che potrebbero invece curarla. Il disturbo infatti è legato sia ad alcune pratiche comuni, come quella di autosomministrarsi farmaci decongestionanti per le vie respiratorie nasali, che ai sintomi da long Covid, a cui è legata una novità importante.

Nel primo caso va rilevato infatti che la perdita dell’olfatto può essere provocata dall’uso troppo prolungato di farmaci decongestionanti locali, in quanto vanno a provocare l’atrofia della mucosa nasale con danno a carico del neuroepitelio olfattivo. Ma non solo: anche farmaci come amiodarone, antibiotici, agonisti adrenergici o astinenza da alfa-bloccanti (vasocostrizione) possono portare allo stesso debilitante risvolto.

Una terapia che fa ben sperare

Ma un farmaco potrebbe essere la soluzione all’anosmia, perlomeno quando questa deriva dal virus Covid-19. Nel biennio 2022-2023 sono stati infatti molto promettenti i primi risultati dei trattamenti a base dell’antivirale ensitrelvir. Questo nello specifico è uno dei pochi farmaci anti-Covid disponibili per le persone non a rischio di malattie gravi, e che ha dimostrato di ridurre la compromissione dei sensi come la perdita di olfatto appunto. Il farmaco al momento è disponibile solo in Giappone, mentre è ancora in corso l’iter di approvazione presso l’Ema (Agenzia europea per i medicinali), che renderebbe possibile l’accesso al farmaco per questo scopo anche in Italia. I risultati finora ottenuti fanno comunque ben sperare.

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