Lo scontro con lo Stato sull’ordinanza di decadenza della presidente della Regione Alessandra Todde è servito. 

Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli, ha deliberato di resistere nel giudizio per conflitto di attribuzione proposto, ai sensi dell'articolo 134 della Costituzione, dalla Regione  contro lo Stato e, per esso, il presidente del Consiglio dei ministri, il Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d'Appello di Cagliari e il ministero della Giustizia per l'annullamento dell'ordinanza-ingiunzione del 20 dicembre 2024, depositata il 3 gennaio 2025. 

È quanto si legge nel comunicato finale del Consiglio dei ministri.

La tesi a fondamento del ricorso presentato dalla Regione è semplice. Se cade la presidente – visto il meccanismo elettorale approvato con legge sarda – si scioglie anche l’intero Consiglio regionale. Ma, sostengono a Villa Devoto, l’organo assembleare può decadere solo nei casi previsti dallo Statuto. E se si parla di sfiducia dell’Aula, decesso, gravi violazioni di legge o atti contrari alla Costituzione (e allora interverrebbe il Quirinale), non sarebbe contemplata la possibilità di scioglimento sulla base di un provvedimento come l’ordinanza ingiunzione emessa dal collegio di garanzia (considerato “organo statale”) a causa di un pasticcio sulla rendicontazione delle spese elettorali, come è successo nel caso Todde.

Il Governo la pensa diversamente. Ora lo scontro si accende, oltre che davanti al tribunale ordinario, anche davanti alla Corte costituzionale. 

Enrico Fresu 

© Riproduzione riservata