L’intervento di Lucia Chessa, candidata dalla presidenza della Regione nel 2024 con la lista Sardigna R-esiste 

Nella storia della Sardegna, l’estate 2024, sarà ricordata per lo straordinario movimento popolare sviluppatosi attorno alla proposta di legge Pratobello. La damnatio memorie, puntigliosamente perseguita dalla Giunta e dalla Presidente, e di conseguenza dal Consiglio Regionale sardo, non varranno a cancellare la portata politica di un movimento senza precedenti, che ha mobilitato migliaia di persone generose, che hanno riversato nei tanti comitati la loro militanza e il loro senso di cittadinanza.

Chiunque abbia tentato di sminuirne la portata poderosa, riducendolo a risultante di azioni orchestrate da chicchessia, non può se non averlo fatto in malafede. La tesi dei 210.000 sardi marionette inconsapevoli, pecore etero dirette incapaci di comprendere e di discernere è offensiva e diffamante e copre di vergogna e disonore chiunque abbia avuto il coraggio di sostenerla.

Eppure, la dimensione straordinaria del fenomeno politico, quelle 210.000 firme di persone che spontaneamente si mettevano in fila per sottoscrivere, non ha impedito al Consiglio Regionale ed alla Presidente Todde di ignorarne la portata poderosa. Certo, per disconoscere quell’onda, sono state necessarie dosi altrettanto poderose di arroganza istituzionale che hanno segnato indelebilmente questa legislatura e i suoi protagonisti, ed hanno scavato un solco profondissimo tra i sardi ed il palazzo. Ignorino pure Lor Signori, ma sappiano che quel solco non mancherà di produrre i suoi effetti alle prossime elezioni regionali, cosa che rende ancora più urgente la creazione di un’alternativa vera che superi l’attuale stanca, strascicante e inutile alternanza di un centro destra e un centro sinistra davvero bisognosi di rinnovamento radicale.

La grave violazione della prerogativa del popolo sardo, riconosciuta nello statuto dell’autonomia, di proporre leggi di iniziativa popolare, ha aperto uno scontro senza precedenti tra l’istituzione e la società sarda, o meglio tra la Presidente e la società sarda. Uno scontro incomprensibile per chi ambisca a rappresentare degnamente le forze e i pensieri che si muovono in questa terra e che si rende plausibile solo all’interno della seguente cornice interpretativa. Che il passaggio in Sardegna della presidente Todde fosse una parentesi aperta nel 2024 e da chiudersi nel 2029. Un passaggio occasionale, deciso altrove, pensato in continuità con il suo ruolo nel governo Draghi e con l’attuazione dei suoi decreti riguardanti quella che loro chiamano transizione energetica e che noi chiamiamo speculazione, assalto coloniale, rapina, sottrazione di risorse e di opportunità ad una terra che invece, proprio con quelle firme, ha rivendicato diritti, autodeterminazione, progettualità propria proiettata in una dimensione futura.

Questo è stato, il tempo ne potrà dare conferme. Ciò che sarà di quel movimento invece è una storia ancora da scrivere e molto del suo destino dipenderà da chi aveva, o ha avuto, o ha la responsabilità politica di sviluppare, all’interno dei Comitati promotori della “rivolta” Pratobello 2024, riflessioni e analisi sulle prospettive future, sulle possibilità di tenere in vita quel movimento conservandolo forte e capace di condurre su più fronti la battaglia per la salvaguardia della Sardegna.

In primo luogo il fronte della rappresentanza politica di quelle istanze e dunque il fronte della battaglia più importante e cioè quella per una legge elettorale che restituisca al popolo sardo un Consiglio regionale che lo rappresenti e non un inutile ed inefficiente apparato, incapace anche di recepire istanze che si palesano in modo così vigoroso.

Per questo io ritengo che il passo indietro, da parte della Rete Pratobello, sul fronte della richiesta di una nuova legge elettorale sarda, sia stato un grande errore strategico. Non solo perché una reale alternativa fatta di forze ed energie nuove deve finalmente trovare rappresentanza (ciò che sarà impossibile a legge elettorale invariata ), ma soprattutto perché un movimento rimane vitale solo se capace di osservare la realtà da angolazioni ampie e diverse, individuarne le falle, metterne a nudo le criticità più pesanti e quindi agire di conseguenza.

Alla Rete SarDegna iniziativa popolare che rappresento (nata dopo il disimpegno della Rete Pratobello) e che a giorni porterà in Consiglio regionale la proposta di legge elettorale “Liberamus su Votu”, pretendendo che non abbia il medesimo destino della legge Pratobello, hanno partecipato alcuni comitati, molti cittadini, molti militanti generosi.

Ma è stata, a mio parere, un’ occasione perduta per il movimento popolare Pratobello ’24 nella sua interezza, per una sua strutturazione e organicità, per un consolidamento nel panorama culturale sardo, anche politico e non necessariamente elettorale ma, soprattutto, per la destrutturazione del duopolio centrosinistra/centrodestra che tanti disastri ha cagionato e cagiona nel governo di questa terra.

Chi ha indirizzato verso questo disimpegno, che lo abbia fatto per interesse, o per mancanza di visione, o per stanchezza, ha privato la Sardegna di una grande opportunità.

Lucia Chessa

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La risposta dell’Editore del Gruppo L’Unione Sarda, Sergio Zuncheddu

Condivido non poco del suo scritto ma mi soffermerò, per non ripetere, sulla parte in cui parla della Pratobello come di occasione persa per la modifica della legge elettorale regionale, oltre che sull’affermazione circa la responsabilità di chi avrebbe privato la Sardegna di una grande opportunità. Il responsabile in realtà sono io. Quando Emilio Demuro, incaricato a lei vicino, mi pose la questione, dissi che non condividevo l’idea di “contaminare” l’iniziativa Pratobello con una parallela squisitamente politica, sia pure legittima in sé.

E che non l‘avremmo sostenuta proprio per la “contaminazione politica” della legge di iniziativa popolare che ne sarebbe derivata.

Dissi pure di aver deciso di impegnare il gruppo editoriale, come mai nessuno ha fatto, non per finalità politiche ma esclusivamente in difesa del paesaggio della Sardegna fortemente a rischio di definitiva compromissione, come più volte dichiarato.

Ho fatto questo - e ne pago le conseguenze non leggere, le assicuro - per ciò che ho sentito essere mio dovere morale, quel dovere che non necessita di altro stimolo se non quello di adempiervi senza altra finalità o interesse.

Il mio unico obiettivo era, ed è, come per i nostri giornalisti, favorire l’adozione di una legge di rango costituzionale esercitando i poteri riservatici dallo Statuto Autonomo per fermare la speculazione energetica a tutela del paesaggio, risorsa preziosa in quanto limitata e di inestimabile valore economico per la collettività sarda.

Obiettivo per me ancora attuale, compreso l’aggiornamento e l’estensione del PPR col consenso delle popolazioni interessate, come ho scritto in Buongiorno SarDegna e come a più riprese proposto anche dal Comitato per l’Insularità in Costituzione.

E mi sentirò impegnato fino a quando il nostro paesaggio non sarà stato messo in sicurezza.

“Contaminare” (scusi il termine, ma è così) quella bella iniziativa, cui anche lei ha attivamente partecipato, avrebbe significato svilire il successo di consenso raggiunto e rischiare, al di là delle intenzioni, di ferire le 210mila persone che hanno votato compatte per difendere la Sardegna, non un progetto di modifica della legge elettorale regionale.

E utilizzare quella sana, sincera e appassionata partecipazione per uno scopo aggiuntivo e diverso da quello dichiarato non sarebbe stato, diciamo così, appropriato.

Infatti, le persone che fiduciose hanno creduto nella finalità della campagna di stampa e comunicazione di US, VL, RL e us.it, in uno con l’encomiabile attività dei Comitati sorti per lo scopo, meritano che continuiamo a fare tutto ciò che è nelle possibilità di ciascuno per adempiere in modo onesto al nostro prioritario dovere morale: difendere e tutelare le bellezze paesaggistiche della Sardegna.

Esattamente ciò che abbiamo fin dall’inizio dichiarato di voler fare.

Sergio Zuncheddu

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