«Le chiamavamo “ammucchiate”, le maggioranze come quella su cui si regge Draghi, e poi ci siamo entrati. E ci siamo avvicinati tanto al Pd, dopo aver maltrattato Bersani in un modo che non ci ha fatto onore. Abbiamo perso molto della nostra identità, ma non è facendo cadere il Governo che ritroveremo gli elettori persi per strada». Mario Puddu, ex sindaco di Assemini, esponente di punta dei Cinquestelle in Sardegna, è assai poco convinto della mossa del capo Giuseppe Conte: l’uscita dei deputati al momento di votare la fiducia che il Governo aveva posto sul decreto legge “Aiuti”, che pure avevano appena votato. E ora Mario Draghi lega Conte mani e piedi a quella decisione, con le dimissioni, in attesa di vedere che cosa accadrà mercoledì. Pudduè lacerato sul domani: «Mi sento legato al Movimento, ma i miei amici sono con Luigi Di Maio e lui stesso lo è: devo decidere che cosa fare. Non sono certo altrettanto vicino ad Alessandra Todde e ad Ettore Licheri, per capirci». Devo decidere se lasciare M5S e traslocare a Insieme per il futuro, assieme al ministro degli Esteri, e non è una passeggiata».

Conte, dicendo che l’esperienza di Governo era finita a causa del comportamento del M5S, vi ha presi in contropiede?

«Eh, già, ha portato all’estremo le conseguenze di questa decisione che io trovo inopportuna. Ora per il Movimento non è affatto facile: una decisione presa per recuperare elettori, rischia in realtà di farne perdere altri ancora e di provocare una nuova scissione, o un secondo esodo verso Insieme per il futuro. Non stiamo facendo un buon affare: noi, e nemmeno il Paese».

Quindi, il mancato voto sulla fiducia aveva scopi elettorali?

«Non vedo altre soluzioni, e lo dico con grande dispiacere. Uscire ora dalla maggioranza, o quantomeno fare la voce critica interna com’era nelle intenzioni di noi Cinquestelle, in questo momento era davvero troppo tardi. Si sarebbe dovuto capire. E si sarebbe dovuto immaginare che ad ogni azione corrisponde una reazione. e quella non la stabilisce a chi compie l’azione».

Beh, Draghi ha fatto di tutto per mettere all’angolo il M5S perché se n’è andato dall’aula prima del voto di fiducia.

«Esatto, e ora la patata bollente è in mano nostra, e porta con sé il rischio di ulteriori divisioni. Anzi, lacerazioni. Draghi, se non fa il premier, vive una vita ai vertici comunque e noi non l’abbiamo capito».

Che cosa farà, lei?

«Uscire dai Cinquestelle sarebbe per me un grandissimo dolore: ci sto riflettendo molto proprio per questo, pur convinto che abbiamo gravemente sbagliato, perché comunque vivrei questa scelta con grande patimento dell’anima. Tuttavia, non posso ignorare quali danni stia portando la scelta sbagliata fatta per la fiducia. Devo riflettere, non mi metto fretta».

I Cinquestelle hanno fatto cose cui in precedenza avevano dichiarato guerra.

«Ma infatti: sapevamo bene che le alleanze fanno perdere grandi quote di identità, non è successo per caso. Parlavamo di ammucchiate. e poi siamo andati in maggioranza con tutti i partiti tranne Fratelli d’Italia, che è felice all’opposizione. Davvero i nostri vertici pensano che qualche mese all’opposizione, peraltro senza aver deciso di andarci bensì essendoci stati mandati da Draghi, ci avrebbero fatto fare il pieno di voti? Accadrà il contrario».

È davvero finita, l’esperienza di Draghi premier?

«Ah, questo non lo so. Devo dire che mi ha stupito molto il presidente Mattarella, che invece di prendere atto delle dimissioni di Draghi, l’ha mandato alle Camere. Ma questo non significa che Draghi non possa decidere di andarsene comunque, affossando i Cinquestelle, che saranno giudicati colpevoli dal Paese».

Luigi Almiento

© Riproduzione riservata