Riceviamo e pubblichiamo un contributo dell’assessore regionale a Enti Locali, Finanze e Urbanistica Quirico Sanna.

“Caro Direttore, vorrei approfittare della sua gentilezza e dell’autorevolezza del vostro giornale per fare una sommessa riflessione in merito a quanto sentenziato dalla Ecc.ma Corte Costituzionale con la sentenza n. 257/2021.

‘.. La sentenza della Corte Costituzionale 257/2021, è stata adottata con l’affermazione della illegittimità della legge regionale in quanto ha affermato che la Regione si è obbligata, con la Intesa del 2007 e poi con i disciplinari attuativi del 2013 e del 2018, approvati dalle Giunte Regionali dell’epoca, a fare, per la revisione del PPR, una co-pianificazione con il Ministero: non averla fatta ha conseguentemente comportato la dichiarazione di illegittimità dell’art. 1 della legge 21/2020, sull’interpretazione della normativa in materia di PPR.

La sentenza ricorda anche che in tali atti, sottoscritti dalla Regione è pure previsto che l’adeguamento del PPR debba avvenire in modo organico e non episodico, e che ciò è affermato anche dalle leggi regionali che hanno trattato tale  problema, ivi compresa la L. R. 4/2009, sul primo piano casa.  

La decisione della Corte si basa, quindi, pressoché esclusivamente sul mancato rispetto del principio di leale collaborazione che deriverebbe dalla c.d. Intesa del 2007, e sul nuovo principio concordato con la Regione della c.d.  “revisione organica”, pur se in deroga  a norme costituzionali.

Nulla dice, tuttavia, la sentenza sulla sussistenza o meno di una potestà legislativa esclusiva della Regione Sardegna in materia di tutela del paesaggio, che era stata affermata dalla Corte  Costituzionale con la sentenza n. 51/2006, secondo la quale “è evidente che la Regione Sardegna dispone, nell’esercizio delle proprie competenze statutarie in tema di edilizia ed urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione ai profili di tutela paesistico-ambientale”.

L’odierna decisione non cita neppure la sentenza 308/2013 – menzionata solo nella parte in fatto, in quanto richiamata dalla Regione -  secondo la quale “Dall’esame delle norme statali rilevanti, considerate anche nella loro successione cronologica, si desume, quindi, chiaramente l’inesistenza di un obbligo di pianificazione congiunta, per i beni paesaggistici individuati dall’art. 17, comma 3, lettera g), delle norme tecniche ed in specie per le cosiddette zone umide.

 Pertanto, la Regione ben poteva, nell’esercizio della propria competenza legislativa primaria, intervenire sulla regolamentazione paesaggistica dei suddetti beni, anche attraverso una norma di interpretazione autentica, non essendo vincolata a coinvolgere, né in via preventiva, né in via successiva, i competenti organi statali”.

Tale ultima affermazione, quindi -  senza però che la Corte abbia richiamato tale precedente  decisione nella parte in diritto, per discordarsene o per confermarla - è stata contraddetta dalla decisione attuale per le motivazioni sopra indicate, sia pur con riferimento, non alle zone umide ma alla fascia costiera.

La sentenza ha anche richiamato l’art. 6 della norma di attuazione dello Statuto Speciale, ma lo ha fatto in una prospettiva diversa da quale indicata dalla Regione, ossia come una norma attributiva del potere di approvazione del piano paesistico, precisando però che la Regione, con l’intesa del 2007 e con gli atti successivi, aveva voluto attuarla, attraverso una co-pianificazione con il Ministero, e non in via esclusiva.

Dalla decisione della Corte in ogni caso deriva ora una disciplina che parifica la Sardegna alle Regioni ordinarie per cui, se la Sardegna vuole continuare a riaffermare il suo ruolo di Regione a Statuto Speciale occorre che riesca a superare le attuali condizioni concrete sulla quali la Corte ha basato la sua decisione, e perciò addivenga con il Ministero ad una modifica della Intesa del 2007 e dei successivi disciplinari tecnici, e riesca inoltre ad aprire con il Governo una interlocuzione per il completamento delle norme di attuazione dello Statuto Speciale, del quale da molti anni si parla senza che si sia pervenuti ad alcuna conclusione, specie nel momento si attribuiscono, secondo Costituzione, nuove competenze ad alcune Regioni ordinarie, Lombardia, Veneto, Emilia e Romagna.

Le altre Regioni Speciali, infatti, il cui Statuto è stato approvato dalla Assemblea Costituente nel 1948, come quello della Sardegna, e cioè Sicilia, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, hanno tutte nei loro Statuti Speciali, in materia di tutela del paesaggio, una espressa attribuzione di potestà legislativa esclusiva, e non sono soggette ad alcuna pianificazione paesistica con il Ministero dei Beni Culturali, neppure per quei pochi Beni che sono indicati dal codice come di obbligatoria co-pianificazione per le Regioni ordinarie, e come invece, per effetto dell’Intesa del 2007, è tenuta a fare la Sardegna, pur se in modo ancor più generale e totalizzante di molte Regioni a Statuto ordinario...”.

Quirico Sanna

Assessore Enti Locali, Finanze e Urbanistica della Regione Sardegna

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