"L'ambiente deve essere al centro dell'agenda politica (anche) della Regione, bisogna partire subito con la riconversione in chiave sostenibile del sistema industriale e dell'economia".

Annalisa Colombu, presidente di Legambiente Sardegna, ha partecipato nei giorni scorsi a Napoli all'undicesimo congresso nazionale dell'associazione (dopo quello regionale che si è tenuto il 16 novembre a Cagliari) intitolato "il tempo del coraggio". Spiega: "Pensiamo che l'Isola possa essere un laboratorio di transizione, un esempio per il Paese intero" e illustra una road map green, "una piattaforma politica rivolta alla Regione, ai sindaci e a tanti altri attori, iniziative comuni da condividere, discutere, e portare avanti nei prossimi quattro anni. L'ambientalismo oggi si trova di fronte a una sfida che era difficilmente immaginabile solo pochi anni fa. La dimensione della crisi climatica ha infatti assunto un livello per cui perfino le tesi dello sviluppo sostenibile finora elaborate sembrano pallide rispetto agli scenari che si potrebbero verificare, se non cambiamo strada davvero e in fretta".

Politica, impresa e sindacati invocano la metanizzazione e la realizzazione della dorsale. Voi siete una voce contro.

"Noi siamo preoccupati per il modo disarticolato in cui vengono affrontate le diverse opzioni, e il rischio è che rischiamo che la Sardegna si trovi ancora più isolata e arretrata rispetto al resto d'Europa. Legambiente considera la Sardegna un laboratorio di sperimentazione delle tecniche innovative della transizione energetica. La sfida che si apre per la politica regionale è di fare in modo che la transizione sia sostenibile anche dal punto di vista sociale. Dobbiamo puntare sulle rinnovabili per produrre l'energia che ci serve, accumularla e scambiarla, con vantaggi economici e occupazionali diffusi".

Qual è la vostra ricetta?

"La chiusura delle centrali a carbone entro il 2025, con la bonifica e la riqualificazione delle aree, grazie ai fondi europei per la "Giusta transizione". La realizzazione dei depositi costieri di GNL, nei porti industriali, al servizio delle più importanti aree urbane e industriali, con minirigassificatori. Chiedere una tariffazione unica per il metano per i cittadini e le imprese della Sardegna, in modo da garantire le continuità territoriale ed evitare differenze di prezzo tra i diversi ambiti. Ancora: la realizzazione dell'elettrodotto Sardegna-Sicilia-Continente per potenziare l'interconnessione con il continente. Lo sviluppo di un progetto di "paesaggi energetici" per favorire la diffusione delle rinnovabili, già oggi è possibile raddoppiare l'attuale potenza installata, integrandola con sistemi di accumulo per garantire efficienza e sicurezza al sistema. Poi, un programma di efficientemente del comparto edilizio, per ridurre i consumi di case, edifici pubblici, uffici, alberghi, utilizzando le risorse degli incentivi nazionali Ecobonus".

Un altro gigantesco problema, che sembra finalmente entrato nei pensieri degli amministratori sardi, riguarda la plastica.

"È un'emergenza globale, e nel Mediterraneo ha dimensioni realmente drammatiche. La nostra ultima indagine ha registrato situazioni pesanti in molti arenili italiani. Nelle 5 spiagge sarde monitorate, per un totale di circa 9mila metri quadri, sono stati trovati una media di 1237 rifiuti ogni 100 metri, il 94% è plastica: cotton fioc, tappi, bicchieri, cannucce, reti, buste, flaconcini di cosmetici".

Cosa si può fare?

"Innanzitutto rimuovere con tempestività le plastiche spiaggiate, prima che le mareggiate le ributtino in mare, e questo tramite un Nucleo di pronto intervento, con Il Corpo forestale e i Comuni, la collaborazione dei pescatori, il coinvolgimento del mondo del volontariato, la sensibilizzazione dei diving, una flottiglia dotata di tecnologie appropriate. Secondo punto: bisognerebbe attuare una capillare campagna di informazione, con i Centri di educazione ambientale della Regione, e la collaborazione di enti come Abbanoa, Enas, Arpas. Terzo: nel Piano dei rifiuti ci dev'essere il divieto dell'uso di stoviglie di plastica, e spiagge, ristoranti, chioschi, stabilimenti balneari devono diventare tutti "plastic free". Tutti noi dobbiamo comunque fare uno sforzo per ridurre la produzione di rifiuti, scegliendo con consapevolezza cosa mettere nel carrello della spesa e sollecitando il sistema commerciale a limitare progressivamente gli imballaggi".

Parliamo di trasporti e mobilità: i sardi usano ancora troppo poco i mezzi pubblici.

"I numeri sono eclatanti: 82% di trasporto privato e 18% pubblico, in particolare per l'area metropolitana, in cui entrano ogni giorno a Cagliari una media di 171mila autoveicoli. Il successo dei filobus a trazione elettrica 5 Zeus, ad altissima flessibilità e silenziosità, impone un ripensamento delle tratte dei sistemi di metrotramvia, con l'armamento dei binari in ambito urbano, attualmente meno convenienti obsoleti. È necessario un cambio di passo per incrementare il trasporto pubblico, anche con un meccanismo di penalità/premialità".

Governo del territorio: la Sardegna attende un nuovo Piano Casa e subito dopo la legge urbanistica. A suo avviso come si concilia lo sviluppo, anche turistico, e la tutela dell'ambiente?

"Molte ricerche hanno evidenziato che una parte notevole di turisti è disposta a spostarsi in funzione di una qualità ambientale elevata. Al di là degli aspetti culturali, la tutela e valorizzazione del paesaggio puntano anche a difendere e rilanciare una risorsa economica strategica come il turismo, con tutti i benefici che ne derivano in termini di occupazione e indotto. Per noi è fondamentale riaffermare il valore strategico della fascia costiera, e nella fascia dei 300 metri dal mare e dagli stagni non è accettabile nessun nuovo insediamento, anche se proposto con accordi di programma o simili, né alcun incremento volumetrico per le strutture ricettive, a parte quelli necessari per l'adeguamento alle normative tecnologiche, di sicurezza, di efficientemente energetico. La legge dovrebbe favorire le proposte di integrazione delle strutture sul mare e quelle più interne, anche prevedendo nei Puc forme di incentivazione alla delocalizzazione urbanistica oltre la fascia dei 300 metri, prevedendo premi di volumetrie. Inoltre, è necessario agevolare l'adeguamento dei Puc al Piano Paesaggistico, armonizzare tutti gli strumenti urbanistici e programmatici a livello regionale, metropolitano, intercomunale e comunale, e snellire le procedure. Un altro aspetto che ci sta a cuore riguarda la qualificazione delle periferie urbane, con la ricucitura dei quartieri marginali e delle zone degradate mediante corridoi verdi, parchi, servizi sociali, riduzione dell'inquinamento. Chiediamo ancora l'estensione del piano paesaggistico alle zone interne, far crescere la qualità culturale dei territori significa anche combattere lo spopolamento e l'isolamento delle piccole comunità per costruire una nuova coesione sociale".

Di recente c'è stata una grande battaglia contro la pesca indiscriminata, in particolare quella dei ricci.

"Tutto il Mediterraneo è fortemente minacciato da uno sfruttamento eccessivo delle risorse, da inquinamento, presenza di specie aliene invasive, aumento delle temperature e pesca selvaggia. Una situazione che sta influendo negativamente sul settore ittico, che sta subendo un calo produttivo e occupazionale. L'impegno comune deve andare nella direzione di un cambiamento nella politica della pesca, puntando sulla qualità, la sostenibilità, l'innovazione, la certezza sulla provenienza del prodotto, la promozione della tipicità, la collaborazione con le aree marine protette, esperienze di vendita diretta del pescato (il pesce a miglio zero). Per quanto riguarda in particolare i ricci, si stima che siano circa 30 milioni quelli pescati ogni anno, un'attività che dà lavoro a tanti ma che minaccia l'esistenza stessa dei ricci. In Sardegna il tradizionale periodo di pesca e consumo era nelle secche di gennaio/febbraio, non solo perché il mare era calmo e la bassa marea favoriva la pesca, ma anche perché in quei mesi erano pieni e gustosi. Quest'anno la pesca è stata aperta a novembre, e i ricci, forse anche a causa dell'anomala temperatura del mare, sono quasi vuoti. Questo significa che ci vogliono centinaia di ricci per riempire un vasetto di polpa. Non solo, i ricci hanno anche i loro predatori naturali, orate, polpi, murene. Dunque, la stagione di pesca dovrebbe essere più breve, il prodotto totalmente tracciabile, e bisognerebbe incentivare soprattutto il consumo fresco, non quello della polpa. Se le risorse marine continueranno a essere la valvola di sfogo di disoccupazione, povertà sociale e razzie (legali e illegali) in un prossimo futuro non ce ne sarà più per nessuno".
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