E mentre il conflitto russo-ucraino sembra essere divenuto l’arma mediatica di “distrazione di massa”, utile a giustificare il “non-fatto”, intanto, sul piano interno, l’esecutivo, o meglio Mario Draghi, si fa lecito di licenziare l’ennesimo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, quello sull’energia per intenderci, nella assenza di una qualsivoglia intesa tra lo Stato e la Regione Sardegna sul punto. La critica al provvedimento passa, in particolare, attraverso un duplice ordine di circostanze, lamentate non solo dal presidente Christian Solinas, ma ancor prima dall’onorevole Stefano Tunis, presidente di “Sardegna 20Venti”, nella sua pagina Facebook: intanto, l’assenza della Provincia di Nuoro nelle nuove strade del gas tracciate dal Decreto; quindi, il riferimento generico alle fonti rinnovabili che, proprio in considerazione della sua genericità, non sarebbe idoneo, come di fatto non è, a escludere il rischio dell’invasione di pannelli fotovoltaici e pale eoliche nell’Isola.

Se dovessimo attenerci al piano delle deduzioni formali, dovremmo, nostro malgrado (ma ci siamo abituati oramai), ritrarre talune riflessioni drammaticamente conseguenti: la prima, concretantesi e concretata nella disattenzione meditata e voluta di un Esecutivo che concepisce, e vuole concepire, l’“hinterland” sardo quale “area sterile di sottosviluppo” a “obsolescenza programmata” all’evidenza definitivamente “esaurita” e, per ciò stesso, incapace di fornire garanzie di sviluppo futuro; la seconda, concretantesi e concretata, nella pervicace volontà governativa di voler fare riferimento, quanto meno nel prossimo futuro (e poi chissà), alle sole aree metropolitane costiere nella totale incuranza delle specificità del territorio isolano e delle sue carenze strutturali destinate a restare tali; la terza, concretantesi e concretata, in un vero e proprio assalto speculativo perpetrato in danno al territorio della Sardegna nella totale assenza, anche stavolta, di una pianificazione ragionata e concordata che assicuri ricadute positive e reali in favore delle comunità interessate nei termini ristretti di sgravio sui costi dell’energia effettivamente consumata.

Per intenderci, e senza girarci troppo intorno: l’Isola sembrerebbe destinata a sopravvivere nelle sue sole articolazioni territoriali costiere quale meta stagionale turistica, siccome l’inserimento in un compiuto piano di sviluppo delle complicate zone interne sembra essere apparso anche a Mario Draghi come “faccenda” di rilievo anti-economico da “archiviare” “ipso facto” e senza possibilità di appello. Insomma, proprio all’indomani dell’intervenuta svolta (se davvero intervenuta) sulla cosiddetta “insularità” (che continua ad apparire come il solito “specchietto per le allodole” utile a dare il “contentino” di circostanza), il Governo Centrale, nelle sue varie articolazioni, anziché prestare attenzione privilegiata alle condizioni di un’Isola lasciata da sempre ai margini di ogni intervento legislativo di interesse, ha pensato bene di rivolgerle, per l’ennesima volta, una attenzione raffazzonata, rabberciata e quindi necessariamente di scarso pregio normativo sol per offrire, parrebbe, una parvenza di operatività che, verosimilmente, sembra proprio non essere stata esercitata nei modi dovuti e attesi. Il tutto, al di là e oltre ogni spontaneo e doveroso principio di “democraticità” delle “decisioni” che avrebbe invece dovuto ispirare l’azione legislativa.

L’amara considerazione è che il pregiudizio restrittivo, obsoleto e scontato riferibile a concezioni anacronistiche che paiono volerci relegare a una “meridionalità” servilisticamente intesa continua a prevalere su ogni forma di razionalismo ideologico e continua a riflettersi pericolosamente sull’attività del decisore politico, quasi a voler rimarcare l’esigenza, divenuta oramai strutturale, di provvedere alla graduale eliminazione “strategica” di ogni “giuntura” territoriale critica a prescindere dalle sue potenzialità di sviluppo.

Possibile che periodicamente, e a cadenza costante, il Governo italiano riesca sempre a farsi lecito di portare avanti interventi normativi diretti a relegare l’Isola alla condizione di un mero possedimento oltremare, posto al di fuori dei confini nazionali e, in quanto tale, indegno di ricevere la doverosa considerazione e utile, caso mai, solo sul piano del gettito fiscale impostogli in maniera esorbitante se ragguagliato alle risorse disponibili e al reddito reale dei suoi abitanti da sempre considerati “brutti, sporchi e cattivi”? Perché favorire le cosiddette lobby del vento senza alcuna, per quanto consta, valutazione ambientale? Perché mortificare energeticamente l’Isola discriminando le famiglie in totale dispregio di ogni concertazione? Che cosa mai dovrebbe farsene la Sardegna, stando così le cose, del tanto decantato Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che financo nella sua nomenclatura reca il suo “peccato” di origine? Forse chiederselo è “speculazione” inutile. Tanto più allorquando ci si soffermi a considerare che se un provvedimento statale si presenti come invasivo delle attribuzioni regionali e non costituisca, come nel caso in esame, applicazione dei principi di sussidiarietà e adeguatezza, sarebbe quantomeno essenziale la previsione di una intesa fra lo Stato medesimo e la Regione interessata alla quale poter subordinare l’operatività della disciplina.

In buona sostanza, e comprensibilmente, sarebbe stato necessario un procedimento attraverso il quale l’istanza “unitaria” licenziata dal Dpcm Energia potesse essere saggiata nella sua reale consistenza e, pertanto, parametrata all’esigenza di coinvolgere i soggetti titolari delle attribuzioni, per così dire, attratte, salvaguardandone la posizione costituzionale. Dicendolo altrimenti, il principio di sussidiarietà, diversamente da quanto parrebbe aver mostrato di ritenere Mario Draghi nella specifica circostanza, bypassando la Regione Sardegna, non deve in alcun caso operare quale come “aprioristica modificazione delle competenze regionali in astratto” (per usare le parole della Corte Costituzionale) ma, semmai, come “metodo per l’allocazione di funzioni a livello più adeguato”. Sicché, quand’anche l’attività legislativa contestata sia già stata posta in essere, come avvenuto nel caso che ci occupa, la medesima potrebbe non vincolare la Regione fino a quando la necessaria Intesa non venga raggiunta.

È quasi ozioso doverlo ricordare: ma neppure super Mario può ignorare le prerogative costituzionali. Se la Costituzione impone, a garanzia delle competenze regionali, che una intesa debba esserci, quell’intesa deve essere perseguita al di là e oltre ogni atteggiamento autoreferenziale. Per usare le parole del presidente Christian Solinas, che si ritiene di poter condividere per quanto di ragione, “questo decreto cancella la nostra autonomia energetica”, e finisce con il concepire la Sardegna alla stregua di una “colonia”. Ben venga, dunque, ogni intervento nelle sedi giudiziarie competenti.

Giuseppina Di Salvatore 

(Avvocato – Nuoro)

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