«Se guardo alle sfide raccolte e vinte in soli venti mesi di governo, c'è da sorridere a chi ha detto che me ne volessi andare, spaventato dall'ipotetico abisso di una recessione che fino a oggi non ha trovato riscontro nei dati. Ero stato chiamato a fare un mestiere per me nuovo e l’ho fatto al meglio delle mie capacità. Sarei dunque rimasto volentieri per completare il lavoro, se mi fosse stato consentito».

Mario Draghi parla per la prima volta dalla caduta del suo governo, lo fa in una lunga intervista al Corriere e ripercorre le fasi che hanno portato alla fine del suo esecutivo.

«Il governo si poggiava sul consenso di una vasta coalizione, che aveva deciso di mettere da parte le proprie differenze per permettere all'Italia di superare un periodo di emergenza. Non avevo dunque un mio partito o una mia base parlamentare. A un certo punto, la volontà dei partiti di trovare compromessi è venuta meno, anche per l'avvicinarsi della scadenza naturale della legislatura. Con il passare dei mesi la maggioranza si era andata sfaldando e diversi partiti si andavano dissociando da decisioni già prese in Parlamento o in Cdm».

L’ex presidente della Bce fa anche alcuni esempi: «Il M5s era sempre più contrario al sostegno militare all'Ucraina, nonostante avesse inizialmente appoggiato questa posizione in Parlamento e nonostante questa fosse la linea concordata con i nostri alleati in sede europea, G7 e Nato. FI e Lega erano contrari ad aspetti di alcune importanti riforme - fisco e concorrenza - a cui era stato dato il via libera in Cdm. Lega e M5s chiedevano inoltre a gran voce uno scostamento di bilancio».

Il momento più complicato è stato nei giorni tra la decisione del M5s di non votare la fiducia in Aula e il dibattito al Senato: «Le posizioni dei partiti erano ormai inconciliabili. Il centrodestra era disponibile ad andare avanti, purché i ministri 5s uscissero dal governo e fossero sostituiti da loro esponenti. Tuttavia, il Pd non era disponibile a far parte di quello che sarebbe diventato nei fatti un governo di centrodestra. Inoltre avevo chiarito che per me sarebbe stato impossibile guidare un governo di unità nazionale senza il partito di maggioranza relativa in Parlamento, il M5s».

E oggi? «Faccio il nonno e mi godo il diritto dei nonni di poter scegliere cosa fare. Anche per questo ho chiarito che non sono interessato a incarichi politici o istituzionali, né in Italia né all'estero».

Ricorda la «situazione molto difficile» di febbraio 2021 l’ex premier, ma «l’Italia ha dimostrato di sapercela fare e quest’anno crescerà di quasi il 4%, più di Francia e Germania».

Cita le decisioni difficili: «Ne abbiamo prese molte, penso al green pass e all’obbligo vaccinale, mi fa piacere vedere oggi che la Corte Costituzionale concordi in pieno. Altrettanto difficile è stato scegliere ad aprile di riaprire le scuole. Infine, il sostegno immediato e convinto all'Ucraina. Ero consapevole dei forti legami passati tra l'Italia e Mosca, ma non potevamo restare impassibili. In Russia probabilmente contavano su una nostra ambiguità, che invece non c'è stata».

Infine, il governo Meloni: «Non spetta a me giudicarlo, non dopo così poco tempo. Meloni ha dimostrato di essere una leader abile e ha avuto un forte mandato elettorale. Occorre stare attenti a che non si crei di nuovo un clima internazionale negativo nei confronti dell'Italia».

(Unioneonline/L)

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