Quel no granitico del Pd alla proposta di contratto dei pentastellati ha resistito per giorni, ma ora il fronte inizia a sfaldarsi.

Il ramoscello d'ulivo teso dal capo politico M5S che vuole "sotterrare l'ascia di guerra" non ha fatto certo cambiare idea ai renziani duri e puri, e anche al segretario reggente Maurizio Martina, ma ha fatto registrare un'apertura non di poco conto.

Quella di Dario Franceschini, uomo forte all'interno dei dem, che risponde così: "Di fronte alle novità politiche dell'intervista di Di Maio serve riflettere e tenere comunque unito il Pd nella risposta. L'opposto di quanto sta accadendo: rispondiamo affrettatamente e ci dividiamo tra di noi. Fermiamoci e ricominciamo".

Un appello importante quello del ministro, perché non arriva da un esponente della minoranza come Orlando o Cuperlo, e dimostra come tra i dem il fronte del no vacilla sempre più.

Di tutt'altro verso le risposte di altri esponenti del partito, a partire da Maurizio Martina: "C'è un passo in avanti apprezzabile dal punto di vista dell'autocritica sui toni, ma le ambiguità politiche restano tutte. La linea è quella che abbiamo espresso al Quirinale: adesso centrodestra e M5S devono dire chiaramente al Paese e al Parlamento cosa intendono fare e devono esplicitare il loro tentativo d'intesa".

"Siamo alternativi a M5S per cultura politica, programmi e visione sul futuro del Paese, non sarà certo un appello strumentale a cancellare tutto questo", gli fa eco Matteo Orfini.

"Di Maio dovrebbe prima spiegare ai suoi elettori che forse le cose che diceva negli ultimi tempi non le pensava veramente. Non ci sarà nessun cambio di linea del Pd, resteremo alternativi Salvini e Di Maio", rincara Ettore Rosato.

E mentre i renziani si affrettano a smentire i retroscena che parlano di un Pd aperto al dialogo con i pentastellati, torna a parlare anche Matteo Renzi. Orizzonte dell'ex segretario, il 21 aprile, giorno dell'assemblea che dovrebbe eleggere il nuovo segretario: "La politica italiana da un mese è ferma al chiacchiericcio, agli accordi, ai retroscena inventati. Noi lo avevamo detto: se non passa il referendum, torneremo agli accordi in vecchio stile. E purtroppo è andata così, parleremo di questo il 21 aprile, all'assemblea del Pd".

Un chiaro segnale che l'ex premier non è disposto a lasciare del tutto la guida del partito. E se dovesse essere messo in minoranza, il partito italiano in salsa macroniana è pronto. Stamattina su una terrazza romana "piena di sole" Sandro Gozi - il renziano che ha perso alle ultime regionali in Lombardia - si è riunito con gli amici di "Rome en marche" per parlare del futuro dell'Europa.

(Unioneonline/L)

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