L’interrogazione è rivolta al ministro dell’Interno, una prima risposta arriva dalla diretta interessata. 

Diventa un caso la vicenda della scorta di terzo livello  – in genere organizzata a obiettivi particolarmente sensibili – che l’assessora regionale al Lavoro, Desirè Manca, ha rivelato esserle stata assegnata per proteggere la sua incolumità. Dopo il suo annuncio si sono scatenate le illazioni. E le richieste di chiarimenti. Anche istituzionali. 

A chiedere conto della vicenda al Viminale è stato il deputato della Lega, Dario Giagoni: «Tale livello di tutela è solitamente riservato a magistrati impegnati nel contrasto alla criminalità organizzata, a personalità istituzionali esposte a minacce terroristiche o, comunque, a soggetti per i quali siano stati accertati rischi gravissimi e documentati», scrive l’esponente sardo del Carroccio, che aggiunge: «L'opinione pubblica ha il diritto di conoscere se esistano rischi concreti per la sicurezza di un rappresentante della Giunta regionale». Per questo Giagoni chiede al ministro «quali elementi abbiano portato all'assegnazione della scorta di terzo livello all'assessora» e «se siano state rilevate minacce specifiche, gravi e documentate tali da giustificare la predisposizione di un dispositivo di protezione così elevato». Giagoni, insomma, invoca trasparenza. E sulla stessa scia era arrivata una richiesta di chiarimenti anche da parte di Piero Maieli (Forza Italia) in Consiglio regionale. 

Manca prova a giocare d’anticipo: «Dovrei essere abituata a tutte le strumentalizzazioni, a tutte le cattiverie, a tutto quello che inventano sulla mia persona», dice l’assessora in una video.  Addirittura «l'ultima è quella secondo la quale  io avrei scelto di avere la scorta per mia spontanea volontà e per mia decisione. Niente di più falso», attacca Manca, «anche perché così non si potrebbe neanche realizzare. Mi viene da sorridere perché quello che è successo è che, avendo ricevuto minacce, si è deciso – non io – di attenzionare il mio luogo di abitazione, il mio domicilio  e il luogo di lavoro. Queste sono scelte che vanno a prescindere dalla volontà personale di ciascuno di noi. L'unico atto che ho portato avanti è quello di denunciare le continue minacce che mi arrivano».

Enrico Fresu 

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