C ’è una foto segnaletica che questa settimana azzera la distanza oceanica far l’America e l’Italia. É una immagine che resterà nella storia: il primo piano scattato da un fotografo giudiziario nell’ufficio di uno sceriffo, il volto di un uomo con i lineamenti pietrificati è uno sguardo duro, che sembra quasi in posa. È un ritratto di Donald Trump: quello che lo accompagna nel casellario giudiziario. Settantadue minuti dopo la pubblicazione di quello scatto, la foto dell’ex presidente degli Stati Uniti aveva fatto il giro del mondo, era diventato il contenuto più visionato su “X” (la piattaforma con cui Elon Musk sta sostituendo Twitter) con 220 milioni di visualizzazioni in un giorno. È solo pochi minuti dopo la comparsa sulle agenzie, la t-shirt che riproduceva quell’immagine era in vendita su di un sito di fiancheggiamento trumpiano a 33 dollari al pezzo, per coprire il sostegno militante alla corsa per la Casa Bianco. Il primo caso di un atto giudiziario che finanzia in modo diretto una campagna elettorale. Siamo gli unici al mondo che possiamo capire questo corto circuito fra giustizia e politica, perché in Italia lo abbiamo già vissuto. E siamo anche gli unici che possiamo comprendere perché Trump cresca nei sondaggi ad ogni capitolo della sua vicenda penale, perché é già accaduto con Silvio Berlusconi e con i suoi processi. E anche molto che non hanno dubbi sul fatto che Trump sia stato coinvolto nei fatti di Capitol Hill, si chiedono oggi se un processo possa svolgersi durante una campagna presidenziale.

Il punto è che le distanze non si sono accorciate solo a questo livello: una vittoria di Trump farebbe risorgere l’internazionale sovranista, diventerebbe un cemento culturale potentissimo per tutti i partiti di centrodestra del mondo, detterebbe l’agenda. Non solo. Trump ha già dichiarato con il suo modo spavaldo che, qualora tornasse presidente, il suo avvento risolverebbe anche la guerra in Ucraina, e lo ha fatto con la consueta nota di spavalderia: “Se fossi stato ancora alla Casa Bianca la guerra non sarebbe mai scoppiata perché avrei risolto la crisi parlando con Putin. Se ritornerò in carica risolverò il problema in pochi minuti”. Tutti capiscono che c’è del clero. Non certo per via di magici poteri taumaturgici, ma perché senza il sostegno economico e militare degli Stati Uniti (e della NATO), la Resistenza di Kiev avrebbe le ore contate. Ed è così forte questo paradiso che in Italia Matteo Salvini, che era vicino a Trump e a Putin adesso tace sulla guerra (perché da ministro di un governo non può discostarsi dalla linea interventista tracciata da Joe Biden) mentre l’ultimo dei più ortodossi comunisti italiani, Marco Rizzo, con una dichiarazione che ha stupito molti ha sostenuto questa tesi: «Spero che vinca Trump e che finisca la guerra». Di nuovo saltano le antiche categorie della politica, dunque, la pace, la guerra, la destra e la sinistra, e questo nella stessa settimana in cui si presentano al mondo i cosiddetti “Brics”. Ovvero i paesi delle economie emergenti che cercano uno spazio fuori dai tradizionali blocchi euro-americani. E all’insegna della solidarietà tra paesi produttori di idrocarburi si ritrovano insieme gli sceicchi sauditi e il presidente operaio Lula Ignacio Da Silva, il leader più potente del pianeta. Dietro di oro, nella foto di gruppo, si stringe il legame fra russi e cinesi. Sembra di parlare di fatti lontano, ma in realtà, per tutto quello che abbiamo detto, sono molto più vicini a noi di come possa sembrare. Il mondo è tornato uno solo, è collegato da vincoli strettissimi, non più per via dell’interdipendenza prodotta dalla “vecchia” globalizzazione, ma per effetto delle nuove reti di relazione prodotta dalle guerre, dalle armi e dalle materie prima. Ecco perché, si può immagina che, anche nella nostra Italia in cui il Pil frena, e bisogna far quadrare i conti di una manovra difficile, il prezzo dei pomodori, della frutta, l’inflazione è i tassi di interesse, molti destini saranno legati all’esito del duello previdenziale americano, di quel processo di quella foto. Non c’è bisogno di comprare la t-shirt, per capire che il nuovo tempo che ci attende dipende - anche - da questa sfida.

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