I l risultato delle elezioni politiche svoltesi in Polonia è stato un terremoto a favore dell’Europa. A Varsavia ha vinto infatti il partito filoeuropeo “Piattaforma civica” di Donald Tusk, con i polacchi accorsi in massa ai seggi per fermare la deriva sovranista del governo uscente, che stava progressivamente isolando il Paese e minando la qualità della sua democrazia. Il partito populista ed euroscettico “Legge Diritto e Giustizia (Pis)” di Jarosław Kazcyński, che era al potere da otto anni, pur confermandosi prima forza politica, ha perso la maggioranza in Parlamento e dunque non potrà governare.

L ’opposizione di Piattaforma civica, sinora guidata da Donald Tusk, ex primo ministro e già presidente del Consiglio europeo, con i suoi 157 seggi, più quelli degli alleati della “Terza via” e della “Nuova Sinistra”, almeno sulla carta dovrebbe raggiungere un’ampia maggioranza di 248 parlamentari. Secondo vari commentatori, però, la nuova legislatura costituisce una svolta densa di incognite e molti temono che i due schieramenti politici s’intralceranno a vicenda col rischio di portare il paese all’ingovernabilità. La cautela è d’obbligo e deriva anche dalla consapevolezza che governare con il presidente Andrzej Sebastian Duda allineato al Pis, che resterà in carica fino al 2025, e con uomini dello stesso Pis presenti in numerose istituzioni, tra cui la massima corte polacca e il tribunale costituzionale, non faciliterà il compito di Tusk. La nuova opposizione, infatti, ha il potere di porre il veto sulle proposte di un futuro governo guidato dal leader di Piattaforma civica; e la nuova potenziale coalizione guidata da Tusk non avrebbe comunque la maggioranza dei tre quarti necessaria per ribaltare un veto presidenziale.

Nel merito, tuttavia, il nuovo governo di coalizione che Tusk si appresta a formare promette di avviare il ristabilimento dell’autonomia dei giudici, la fine del controllo politico sui media e lo stop alla discriminazione delle minoranze, riaprendo così il dialogo costruttivo con Bruxelles per sbloccare i 36 miliardi di euro del Next Generation Eu previsti per la Polonia. Non solo, ma, come ha posto in evidenza Paolo Valentino sul Corriere della Sera, «finirà anche la virulenta e indecente campagna antitedesca, con cui il Pis di Kaczynski aveva inutilmente tentato di recuperare consenso», aprendo alla prospettiva di un nuovo impegno polacco nel progetto comune europeo. E dovrebbe consolidarsi anche il sostegno della Polonia all’Ucraina, dopo la crisi sull’importazione dei cereali da questo paese e la minaccia del governo uscente di bloccare le forniture d’armi a Kiev.

Nella controversa prospettiva dell’adesione dell’Ucraina all’Ue, inoltre, è molto meglio che a Varsavia ci sia un governo europeista. Secondo Valentino, «la sconfitta dei nazional populisti in Polonia marginalizza il club delle democrazie illiberali», isolando e rendendo improbabili figure come il leader ungherese Orbán e lo slovacco Fico. Ciò imporrà, probabilmente, una riflessione anche a Giorgia Meloni sulla futura collocazione di FdI in Europa. Il risultato elettorale non avrà implicazioni solo per la democrazia polacca, ma anche per l’Ue e gli sforzi dell’Occidente volti a contrastare l’aggressione russa in Ucraina. La ferma determinazione della Polonia nello schierarsi a favore dell’Ucraina sta causando, infatti, uno spostamento di gravità dell’Europa verso est, il che colloca Varsavia al centro della politica europea, anche se questo non equivale a definire l’agenda dell’Ue. Pur essendo stata tra le prime e più determinate capitali nel sostegno a Kiev, armando la resistenza ucraina e accogliendo oltre un milione di profughi, nel le ultime settimane la Polonia aveva mostrato segni di cedimento. Il nuovo governo avrà perciò due impegnativi compiti da affrontare: ripristinare la fiducia dei polacchi nelle loro istituzioni e restituire alla Polonia il posto che le spetta nell’Ue.

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