Il nuovo allenatore del Cagliari è un ottimo manager. Uno che sa bene come guidare un gruppo: acquisendo la fiducia di tutti, senza lasciare qualcuno a terra, e lavando i panni sporchi fra le inviolabili mura dello spogliatoio. Straordinario nelle relazioni pubbliche, ma anche abile a celare uno stato d’animo magari in tempesta, dopo la partita di sabato sera. In sala stampa, sfoderando serenità ed equilibrio, Ranieri ha prima fatto i complimenti allo sconosciuto Gorini, definendolo un «generale». Poi ha disegnato il Cittadella come se avessimo appena visto la Germania di Beckenbauer e Seeler.

Un gruppo di «lottatori» indomiti, dopo un’ottantina di minuti di non calcio, asserragliati in area tipi Vietcong. «E poi dei nostri errori parleremo in privato», ha sibilato, dopo la lectio magistralis di marketing.

Abilissimo, Ranieri, che si è reso conto mezz’ora dopo il suo sbarco ad Assemini che problema ha questa squadra. Come scrive il nostro Mascia: imparare a volare in pochi giorni non sarà facile. Ricordate il Cagliari che ha dominato gran parte delle partite senza poi riuscire a prendersi i tre punti? A Cittadella si è rivisto il fantasma – non ce ne voglia – dell’allenatore romano, quello giovane, con una squadra incapace di andare in porta (se non con un difensore nel primo tempo) ma regina incontrastata del possesso palla.

Il Cagliari di oggi è in un grande frullatore. La cura del professor Ranieri deve produrre ben altro rispetto a quanto raccolto fino a oggi, se la superiorità in campo spesso è palese ma non produce punti. Nella sua accurata operazione di maquillage, Ranieri al “Tombolato” si è spinto anche oltre, magari era una provocazione e allora va benissimo: «L’importante è che non abbiamo preso gol». Avevamo scritto, sperando di essere smentiti, che la gara di Cittadella somigliava a una trappola, dopo la sbornia di ottimismo: lo pensava anche Ranieri e il campo lo ha confermato. Adesso testa alla Spal, un’altra squadra che arriverà con l’obiettivo di non prenderle.

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