U n estenuante conto alla rovescia, con la luce spenta dopo la prima rete del’Inter. «Manca un’ora», poi sempre un po’ di meno, le speranze di un traballante miracolo sportivo macinate da una macchina tritatutto come quella di Inzaghi. Ci sono oltre cinquanta punti di differenza fra il Cagliari e l’Inter, sul prato della Unipol Domus li abbiamo visti tutti, si potevano perfino contare. E allora smetti di pensare alla partita e rifletti su quello che non è stato, su una squadra costruita pensando a Semplici, o forse no, e affidata alle cure di un allenatore come Mazzarri che aveva trovato la ricetta, o forse no, perché quello visto in queste ultime settimane era lo stesso Cagliari che solo quattro mesi si era tirato fuori dai guai facendo calcio. Pensi agli errori – l’elenco è vario e lungo – commessi mentre si allestiva il gruppo, agli errori dei calciatori, a una stagione che dimenticheremo presto.

A luci spente, l’aria è pesante ma il Cagliari, e i suoi tifosi dalla passione incrollabile, restano ancora appesi ai numeri, alle combinazioni, a un pareggio a Salerno che definire improbabile è davvero poco. E a un successo a Venezia da conquistare, costi quel che costi, in uno stadio dove l’amarezza sarà rabbia, dove ogni palla peserà il doppio. E dove occorrerà trovare quel coraggio che anche ieri, in certi momenti, sembrava solo nelle gambe e nella testa dell’Inter. Una squadra ancora affamata dopo il successo in Coppa Italia e perché no, aggrappata ai numeri, decimali, di un possibile clamoroso epilogo diverso dal trionfo del Milan.

La rete di Darmian ha segnato la fine della lotta, ha staccato la spina della tensione, con i nerazzurri che hanno svolto il loro compito sempre in controllo. Cosa si poteva chiedere a una squadra che ha perso con Torino, Lazio, Spezia, Milan, Udinese e Juventus senza mai tornare a galla, trovando contro il Sassuolo i tre punti della grande speranza, per poi spegnere la luce contro Genoa e Verona, le gare della vita. Poi il terremoto Mazzarri e il colpo di testa di Altare, a Salerno, l’effetto di una caramella al limone quando hai 40 di febbre. Fino alla serata di ieri, con uno stadio che ha cercato di spingere per quanto possibile, ma davanti a una corazzata non puoi presentarti in gommone, per giunta con i fari mezzo rotti.

Il Cagliari è piegato in due, ma nell’ultima settimana resta aggrappato alla Serie A perché è stato il campionato dell’incertezza, in testa e in coda. Il gol di Lykogiannis ha liberato rabbia, paura e rassegnazione dei tifosi ma in pochi istanti abbiamo capito che per i miracoli, quelli veri, saremmo dovuti ripassare un’altra volta. La rivolta della curva nord verso il presidente – oneri e onori – è l’urlo del tifoso che si sente tradito. Si è spenta la luce, ma non è ancora finita.

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