E venne il tempo del rosso e del nero. Occhio al calendario, e preparatevi per l’evento più pazzo della settimana: la prima volta di una premier di centrodestra al congresso della Cgil, la prima volta di Giorgia Meloni alla corte del sindacatone rosso di Matteo Landini. C’è in questo incontro tra avversari che si riconoscono (e si concedono un tributo di reciproco rispetto) molto più di una anticipazione sulla stagione politica che si prepara. Ecco perché in questi giorni ancora tristemente segnati dalla battaglia politica sul naufragio di Cutro, non sono interessanti le polemiche sul karaoke.

Q uello con cui Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno interpretato la canzone di Marinella di Fabrizio De André (peraltro senza stonare). Non è un crimine festeggiare un compleanno, anche se c’è stato un naufragio, il sindaco di Bologna Matteo Lepore è una persona seria, ma forse accusare di insensibilità il centrodestra, per quella festa (peraltro a sorpresa) di Uggiate Trevano, dove Salvini ha soffiato le sue primi cinquanta candeline, è una esagerazione.

Molto più intrigante, invece, è l’evento che si prepara al congresso di Rimini: perché - a ben vedere - quello che si celebrerà alla kermesse della Cgil è un incontro-scontro che sta a metà fra la visita galante e la sfida cavalleresca con la sciabola, è un muro ideologico che cade, ma anche un possibile duello “conradiano”. Da un lato c’è una donna che è al tempo stesso la premier più a destra della storia italiana, ma anche la più attenta al sociale, quella più conservatrice, ma anche quella con l’estrazione più popolare. Dall’altro c’è il segretario della Cgil che ha l’origine più umile degli ultimi anni, non un grande borghese come Luciano Lama o Bruno Trentin, i Guglielmo Epifani, ma un ex saldatore di Canossa, che iniziò a fare il sindacalista scioperando contro un padrone comunista: “Guarda Landini che io e te abbiamo in tasca la stessa tessera”, gli diceva il suo datore di lavoro indispettito. E lui, che protestava con i suoi compagni perché voleva dei giacconi per lavorare in esterno, gli aveva risposto: “Sarà sicuramente vero. Abbiamo la stessa tessera ma io ho freddo lo stesso”. Quindi la Meloni è la missina della Garbatella che ha domato Silvio Berlusconi e la Lega sovranista, mentre Landini è l’ex leader dei metalmeccanici della Fiom che da quando è numero uno stupisce, per la sua scelta di rompere la cinghia di trasmissione tra partito e sindacato. In campagna elettorale il leader della Cgil ha persino negato la macchina del sindacato e un autista all’ex segretaria Susanna Camusso, che in Campania era in lista con il Pd: “Ho il massimo rispetto per Susanna ma il nostro è un sindacato indipendente dalla politica” (molti dirigenti hanno storto il naso, ma nessuno ha parlato). D’altra parte una giovanissima Giorgia Meloni spiazzò tutti gli osservatori politici alla sua festa di Atreju, quando da segretaria di Azione Giovani annunciò che l’ospite d’onore era di Rifondazione: “Ho appena invitato Fausto Bertinotti”. Landini divenne protagonista dopo essere stato l’incubo di Marchionne, ai tempi del referendum di Mirafiori, la Meloni superò i suoi alleati dopo essersi fatta una campagna elettorale da sindaco, a Roma, con il pancione di una figlia in arrivo.

Giorgia ha fatto il pieno di voti tra molti ex elettori rossi nelle periferie delle grandi città, Landini sa bene che - soprattutto al nord, e tra gli operai - sono molti gli iscritti del suo sindacato che sono convinti elettori del centrodestra.

Dunque questo incontro è come un missile a due stadi: il primo certifica lo stato di forza dei due leader. Solo se sei forte puoi dialogare con il tuo principal e avversario (e questo vale sia per “Giorgia” che per “Maurizio”) solo se ti senti sicuro puoi chiedere al tuo popolo di seguirti in un rischioso percorso di reciproca legittimazione. Sullo sfondo, nel breve termine, ci sono tanti tavoli aperti, a partire da quello sulle pensioni. La Meloni rischierà qualche fischio? Lo scopriremo. Le contestazioni, se le sai gestire, sono bonus. Ma il secondo stadio del missile è il più interessante. Landini, per il regolamento interno della Cgil, è al suo ultimo mandato da segretario. E così tra quattro anni potrebbe essere il candidato avversario della leader di Fratelli d’Italia, un “Lula” emiliano contro una “Bolsonaro” romana. Perché nel terzo millennio il campo di battaglia tra destra e sinistra non può che essere quello delle nuove politiche sociali.

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