D ue mesi e un giorno dopo la rete di Pavoletti al 94’, sabato sera, al San Nicola, erano rimasti 12.633 spettatori (su 57.000) per assistere alla pesante sconfitta del Bari contro il Parma in quella che, nella scorsa stagione, Radunovic ha impedito che divenisse la finale dei playoff. Alla stessa ora, in una Unipol Domus quasi esaurita, cominciava a riempirsi anche la Curva Sud, rimessa a disposizione per soddisfare la grande richiesta dei tifosi rossoblù: volevano assistere a una partita di primo turno di Coppa Italia che di norma richiama poche migliaia di persone.

L’anno scorso ce n’erano 6300 ad applaudire la vittoria (al 90’) sul Perugia. Due anni fa, appena 2620 per il 3-1 al Pisa. Per dire.

È evidente che, nel calcio, c’è qualcosa che si muove in una dimensione, non soltanto spaziale (cioè il campo da gioco) ma anche emotiva, diversa dalla partita in sé. C’è un mondo parallelo che non è fatto di tiri, parate e rigori, ma di qualcos’altro e questo qualcosa non è tangibile. Eppure esiste, su questo non ci sono dubbi. Resta da capire se, nell’interazione con la partita “fisica”, rappresenti una causa o una conseguenza di ciò che avviene sul terreno di gioco. Più genericamente, se questo qualcosa abbia influenza sulla stessa partita e, di conseguenza, sul risultato. E magari in che percentuale. Se, per esempio, sia un elemento sufficiente a far sì che undici (o meglio sedici) giocatori, durante novanta (a volte cento) minuti, possano, grazie a qualcosa di intangibile, prevalere su altri più forti di loro. O magari se questa forza sia composta anche da quel qualcosa che non sappiamo definire. Perché, se così fosse, bisognerebbe anche capire se è allenabile.

Nel dubbio, in attesa di appurare se le incredibili emozioni che il Cagliari continua a trasmettere a tempo scaduto siano o no prodotte anche da noi che siamo oltre quel rettangolo d’erba, noi continuiamo a lasciarci investire da loro e a gioirne. E se questa gioia, si trasforma in energia, se oltrepassa la linea di gesso in barba al quarto uomo, se disturba l’avversario e corrobora i nostri, allora sapremo che, sì, forse è vero: i l Cagliari siamo noi, siamo anche noi.

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