N egli ultimi giorni è salito alla ribalta il tema delle spese militari, complice la polemica tutta italiana, alimentata soprattutto da leghisti e grillini. E tuttavia è forse mancato il quadro di riferimento europeo, cioè quello che più ne fa risaltare dubbi e paradossi.

Dopo il vertice Ue a Versailles, Draghi aveva dichiarato: «Quella sulla difesa è stata una discussione breve ma interessante. Borrell ha detto che noi spendiamo per la difesa tre volte quello che spende la Russia. È un dato che mi ha sorpreso, e quello che dobbiamo raggiungere è un coordinamento migliore di quello odierno».

Di fronte a dichiarazioni simili i sentimenti si amplificano: di sconcerto, innanzitutto, perché i dati delle spese militari sono regolarmente disponibili online, fanno parte dei giudizi sulle nazioni e sulle politiche, rappresentano indici fondamentali che un esperto navigatore della finanza come Draghi dovrebbe conoscere a menadito. Ma anche sentimenti di profonda preoccupazione che vanno a sommarsi alla sfiducia in un’Europa priva di un esercito comune ma capace di occuparsi di gabinetti transgender, della cancerogenicità del vino rosso italiano (andiamo!) e della difesa di pseudo valori comuni (ricordiamo il durissimo scontro con la Polonia, nemico di turno di Bruxelles prima dell'invasione russa), ma non di accorgersi delle nostre strategiche dipendenze, quella energetica tra le tante da cui siamo affetti. Questa servitù rende plastica la nostra critica e ipocrita situazione.

D a un lato infatti mandiamo armi all’Ucraina, dall’altra finanziamo la Russia acquistando gas, petrolio e materie prime. Ma torniamo ai dati, accorgendoci peraltro che Borrell li sminuisce: secondo l'autorevole Sipri, lo Stockolm International Peace Research Institute che è referenza mondiale, l’Europa spende per difendersi cinque volte più della Russia. Secondo i dati 2020, infatti, le spese per la difesa dei 32 Paesi europei (tutti tranne Svizzera, Turchia, Serbia e Bosnia) ammontano a ben 300 miliardi di dollari annui, contro i 62 di Putin. Già questi dati dovrebbero animare un tipo di dibattito un po’ diverso da quelli a cui siamo quotidianamente sottoposti.

Se vogliamo ampliare la visione, le spese militari annue degli Stati Uniti (nel 2020 pari a 778 miliardi di dollari) rappresentano il 39%, in aumento, della spesa mondiale pari a 1.981 miliardi di dollari. Il secondo Paese è diventato la Cina, con 252 miliardi di dollari e il terzo l’India, con 73. I raffronti diventano impietosi se riferiti alla spesa totale degli ultimi 10 anni: gli Stati Uniti hanno speso 7 volte più del secondo classificato, con un importo superiore alla somma dei quindici Paesi che inseguono.

Una considerazione andrebbe subito fatta sul settore delle armi e sul potere delle lobby; anche nel 2020, anno di pandemia in cui il Pil globale è diminuito, la spesa militare è aumentata del 2,6%. Non è un caso che nelle Borse mondiali svettino General Dynamics, Lockheed, British Aerospace, Thales e anche in Piazza Affari la nostra Leonardo abbia segnato un +41% nelle ultime contrattazioni.

Vediamo adesso i dati di un'altra piattaforma, la Nato, le cui spese militari sono state pari a 1.103 miliardi di dollari, pari al 56% della spesa militare globale, sostenute maggiormente da Stati Uniti, UK, Germania, Francia, Italia e Canada. Se li confrontiamo con i 62 miliardi della Russia ci accorgiamo di uno strapotere che rasenta l’incredibile: per difendersi dalla Russia (la Nato è un’organizzazione difensiva), s’impiegano risorse 18 volte più elevate delle spese russe e le si concretizzano in una supremazia indiscutibile in ogni minimo settore bellico (c’è un esaustivo video su Youtube). Una guerra convenzionale Russia-Nato sarebbe asimmetrica più di uno scontro Davide contro Golia. Perciò, per certi versi, la narrazione di un’armata rossa moderna, implacabile, da combattere con il ricorso a nuove spese e, perché no?, a una forza militare europea, è solo manipolazione. Vedremo dunque il riarmo della Germania, ahinoi, un ulteriore indebitamento (è dipendenza strategica) che pagheremo salato e un nuovo trionfo dei mercanti di morte?

Non avremo comunque risolto il problema di fondo, quello nucleare. Rileggiamo il racconto biblico di Sansone: la sua morte illumini quanti non hanno ancora capito che oggi, costringendo mezzo mondo in un angolo senza uscita, stiamo giocandoci il pianeta e correndo verso l'Apocalisse, parole dopo parole. Speriamo che non vada così.

© Riproduzione riservata