I n una recente intervista a un quotidiano locale, il Ministro per la pubblica amministrazione Zangrillo ha rilanciato il suo slogan “Facciamo semplice l’Italia”, confermando il proprio impegno per la semplificazione della burocrazia del nostro Paese. Il suo programma di rilancio e ammodernamento della pubblica amministrazione intende snellire 200 importanti procedure amministrative entro il prossimo anno, che arriverebbero a 600 nel 2026.

Il programma non può che essere accolto con entusiasmo, se consideriamo il livello e la qualità della burocratizzazione delle regole amministrative che abbiamo in Italia, con cui spesso ci confrontiamo (scontriamo) quando interagiamo con la macchina pubblica. Quando poi ci troviamo di fronte a procedure di spesa di denaro pubblico le cose diventano spesso talmente complicate da frenare o da disincentivare proprio l’intento di spendere. Tra i tanti fattori che nutrono la complessità della macchina burocratica, che meritano analisi ben più approfondite di questa, ve n’è uno che riguarda i comportamenti di “difesa” che il pubblico può attivare. In altre parole, l’amministrazione pubblica al fine di minimizzare i possibili rischi patrimoniali, penali e di altra natura che possono derivare da un processo di spesa amministrativo, si pone l’obiettivo di tutelare se stessa, anziché del buon esito della procedura per la collettività. Si tratta dei fenomeni di amministrazione difensiva nei quali si tende ad applicare in modo quasi ossessivo il procedimento oppure a non decidere.

E ciò avviene per la paura di non giustificare adeguatamente il proprio operato di fronte a un giudicante. E le “difese” che si possono attivare possono essere svariate.

In questo contesto di timore diffuso, l’amministrazione può allora ritenere giustificato chiedere più documenti di quelli strettamente necessari, richiedere pareri legali o tecnici delle volte di dubbia utilità, e tutto ciò nell’intento di “non si sa mai” o del “è sempre meglio avere più carte”. Si possono anche attivare procedure più complesse di quelle previste, così rinunciando a quella discrezionalità motivata che le stesse norme oggi consentono. La paura di essere chiamati a rispondere per danno erariale o per altre conseguenze giudiziarie è tale che si può reputare più prudente il non agire, o il rinviare a organi superiori le decisioni, così abdicando alla gestione del proprio ruolo. Il tempo trascorso per chiudere un procedimento non assume, in sostanza, grande dignità se confrontato con la paura di commettere un errore che può costare molto caro.

Stando così le cose, l’amministrazione difensiva può lasciar spazio a quella, che molti definiscono, la necrosi dell’amministrazione, ovvero il contrappasso della buona prassi amministrativa, con buona pace dell’interesse collettivo.

Questi comportamenti non fanno parte però del Dna della macchina amministrativa ma sono il frutto dell’evoluzione legislativa e regolamentare degli ultimi decenni che genera in molti casi situazioni di incertezza normativa. E chi deve prendere decisioni in questa incertezza normativa, sono spesso dipendenti pubblici con livelli salariali non certo congrui rispetto ai rischi potenziali a cui sono esposti. E di fronte all’incertezza l’amministrazione ha paura e si difende e, in tanti casi, morde il freno.

Ciò è accaduto nel passato, accade oggi e lo sarà anche domani. Semplificare le procedure, spendere di più e meglio allora implica uno sforzo di riprogettazione, di reingegnerizzazione delle procedure dove occorre trovare il modo per “difendere” ex-ante l’amministrazione, per evitare che si pongano in essere comportamenti difensivi, ex-post, ovvero dopo l’avvio della procedura. L’interesse pubblico si deve combinare con la tutela dell’amministrazione. Altrimenti le cose (la spendita di risorse) non funzionano.

Semplificare e snellire le procedure di spesa significa anche considerare possibili requisiti di “proporzionalità”. In altre parole, le spese di poco conto potrebbero essere trattate con procedure snelle con livelli documentali minimali. Questa possibilità oggi è già presente, anche se può essere aggirata dall’amministrazione difensiva.

Non si tratta di problemi semplici ma molto complessi e altrettanto urgenti se si vuole invertire la rotta di navigazione dell’amministrazione di oggi.

Università di Cagliari

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