I l nostro Paese l’anno scorso ha importato 29 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia attraverso il gasdotto Nord Stream 1, il cui flusso è stato interrotto in varie occasioni dal fornitore russo Gazprom con la motivazione di non meglio precisate esigenze di manutenzione delle condutture. In realtà, si tratta di ritorsioni di Putin verso l’Europa (in particolare verso la Germania e l’Italia) per l’appoggio europeo all’Ucraina nella guerra d’invasione della Russia.

Il 2 settembre Gazprom ha interrotto del tutto il flusso del gas verso l’Europa, senza dire quando esso potrebbe riprendere. Da ultimo, martedì scorso c’è stato l’allarme sotto il Mar Baltico per il sabotaggio (un attacco terroristico?) nei tubi sottomarini di Nord Stream 1 e 2.

I due gasdotti non sono attualmente in uso, il primo per decisione del governo di Mosca come ritorsione alle sanzioni occidentali, il secondo bloccato dal governo tedesco come risposta all’invasione dell’Ucraina. Perciò, è necessario che il nostro Paese prenda provvedimenti adeguati a far fronte alla carenza di gas che si profila già per il prossimo e ormai imminente autunno-inverno.

S ubito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, il governo Draghi ha aumentato le importazioni di gas dall'Algeria, dall'Azerbaijan e dal Mare del Nord. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, pensava di sostituire il gas di Mosca nella seconda metà del 2024, ma il precipitare degli eventi lo costringe ad anticipare i tempi. Tutto quello che si poteva fare per sostituire il gas importato dalla Russia è stato fatto: aumentati i flussi via gasdotto da Norvegia, Azerbaijan e Algeria, spinto sulla produzione di rinnovabili, rimandate a pieno regime le centrali a carbone, aumentata un po’ l’estrazione nazionale nel mare Adriatico, quasi riempiti gli stoccaggi, che si avvicinano al 90% della loro capienza, pari a circa 15 miliardi di metri cubi. In sostanza sono stati già rimpiazzati, come ha posto in evidenza il ministro Cingolani, 18 miliardi di metri cubi di gas russo, ma ne restano da colmare ancora 11.

La soluzione più rapida è quella di importare più gas naturale liquefatto (Gnl), che viaggia su navi e quindi si può comprare ovunque nel mondo. Ma poi bisogna rigassificarlo, e di rigassificatori oggi disponibili in Italia ne abbiamo solo 3. Il primo si trova sulla costa ligure a Panigaglia, in provincia della Spezia, è stato realizzato negli Anni ‘70 e ha una capacità massima di 3,5 miliardi di metri cubi all’anno. Il secondo è galleggiante a Porto Vigo, in provincia di Rovigo, e ha appena aumentato la sua capacità di rigassificazione da 8 a 9 miliardi di metri cubi. Il terzo è al largo di Livorno, ha una capacità di rigassificazione di 3,75 miliardi di metri cubi, con un aumento già programmato ma non ancora approvato per salire sino a 5 miliardi. Da gennaio ad agosto i 3 impianti hanno rigassificato quasi 9 miliardi di metri cubi (+25%).

Per aumentare la produzione occorrono altri rigassificatori già montati su navi metaniere attrezzate. Snam, su mandato del governo, ne ha già acquistato due per 750 milioni di dollari complessivi, la Golar Tundra e la Bw Singapore. Ciascuna ha una capacità di 5 miliardi di metri cubi; quindi, abbastanza per renderci quasi autonomi dalla Russia; in più, essendo galleggianti, si possono rimuovere ed eventualmente essere rivendute. Una sarà collocata a Piombino e l’altra al largo di Ravenna. Per velocizzare i tempi, a inizio giugno il governo ha creato i commissari straordinari per i rigassificatori, nominando il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e quello dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Tuttavia, per quest'inverno non avremo ancora l’intera capacità di produzione di queste due navi e la nomina dei commissari sta complicando le procedure. Servono centinaia di documenti e di delibere, ma così, invece di velocizzare, i tempi si allungano.

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