È stata la settimana di Giorgia e Michela (più Elly). E questo perché le cronache ci regalano un potente incastro di donne sul palcoscenico del Palazzo: un duello asimmetrico, drammatico e rivelatore.

Michela è Michela Murgia, scrittrice sarda mainstream, progressista e antigovernativa, che dopo un lunghissimo silenzio sulla propria malattia concede al Corriere della Sera una intervista choc: “Ho un tumore al quarto stadio e pochi mesi di vita”. E poi aggiunge: “Spero di morire potendo vedere il giorno in cui la Meloni non sarà più al governo”. Una doppio passo politicamente scorretto: raccontare minuziosamente delle proprie metastasi ai polmoni e al cervello, infrangere il tabù della propria mortee usarlo, anche, come un’arma polemica. Ci vuole coraggio, ma il retrotesto è amarissimo: tutti capiscono che la Murgia non vedrà la fine del governo Meloni. E lei, ovviamente, lo sa bene.

Ma siccome anche Giorgia non è politicamente corretta, la premier entra in campo raccogliendo la sfida, infrangendo il tabù e rilanciando: “Spero - dice la la leader di Fdi - che la Murgia riesca davvero a vedere il giorno in cui non sarò più Presidente del Consiglio, come auspica, perché io punto a rimanere a fare il mio lavoro ancora per molto tempo".

Si parla di tante cose insieme: la Meloni accenna ancora una volta alla fatica fatale del suo governare, la Murgia, alla passione politica che sopravvive persino alla prospettiva della fine, al suo ultimo desiderio: “Vorrei sposarmi prima di morire”.

D opo anni di riserbo la scrittrice rivela di vivere in una famiglia allargata, praticamente unica: “Non sono sola. Ho dieci persone con me. La mia queer family. Un nucleo atipico, in cui le relazioni contano più dei ruoli. Parole come compagno, figlio, fratello - spiega - non bastano a spiegarla”.

La Meloni - che come è noto invece è una paladina della famiglia tradizionale - le risponde anche su questo terreno con una stoccata e un omaggio: “Apprendo da una sua lunga intervista che la Murgia è affetta da un bruttissimo male. Non l'ho mai conosciuta e non ho mai condiviso le sue idee, ma voglio mandarle un abbraccio, dirle che tifiamo per lei". Molto sincera, molto elegante. Così bisognerebbe aggiungere che proprio nella settimana in cui incorre nel suo primo infortunio mediatico - l’incredibile intervista sull’armocromista e personal shopper - Elly Schlein trascina il suo Pd al massimo picco degli ultimi mesi nei sondaggi, sopra il 20%. E la Meloni spopola sui social con un video da Palazzo Chigi proprio nelle ore in cui si nega alla conferenza stampa di rito e dichiara guerra ai sindacati.La Schlein fa discutere il Paese con il racconto del suo privato e raccoglie consensi, la Murgia spiega che non smette di sentirsi militante anche in punto di morte, la Meloni di voler ritornare a sua figlia proprio nel pieno del suo massimo sforzo di protagonismo pubblico. La Murgia, che teoricamente è una scrittrice, concede una intervista privatissima ma iperpolitica. La Schlein guadagna consenso politico quando parla del suo privato, del tempo che le manca anche per comprarsi un vestito, delle sue giacche colorate, della sua relazione omosessuale. E due giorni fa la sua compagna, Paola Belloni, ha protestato per come i media trattano la leader del Pd. Mentre il compagno della Meloni, Andrea Gianbruno, da conduttore su Retequattro trasmette il video della premier in anteprima.

Non ci sono più barriere, o confini invalicabili. Se racconto questo cortocircuito, dunque, è perché è ormai visibile il salto di qualità. Nel tempo dei social la Meloni è un leader, ma anche la protagonista di una sorta di fiction metapolitica, che la porta dalla Garbatella al Palazzo. Elly Schlein è una leader, ma anche una influencer, che non a caso concede a Vogue la sua prima intervista da segretaria. Michela Murgia è una scrittrice che trasforma in suo testamento in limine mortis in una battaglia politica. Non sono effetti collaterali, ma il nuovo modo in cui la narrazione pubblica cambia la politica. Negli anni settanta le femminista diceva: “Il personale è politico”. Nel tempo dei social, il privato non esiste più perché ogni frammento di biografia diventa social, identità, potenzialità di crisi o consenso. Armocromia, unica via.

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