C ' è un fatto limpido come l'acqua delle nostre coste: l'impennata dei bollettini sui contagi riguarda per la stragrande maggioranza turisti o operatori del turismo non sardi. È un virus arrivato da fuori, passato attraverso porti e aeroporti, senza che nessuno lo fermasse: ha trovato terreno fertile nel popolo di vacanzieri a caccia di libertà e divertimento dopo i mesi di lockdown, si è infilato nelle discoteche, nei luoghi della movida, nella leggerezza dei troppi assembramenti. Non è un azzardo dire che l'Isola era e resta Covid free, nel senso che i sardi sono stati virtuosi e i risultati si sono visti. Eppure la situazione è cambiata: nei numeri ma soprattutto nel clima che si respira.

Sono stati certo commessi vari errori, a tutti i livelli politici. La Regione in avvio di stagione si era appellata al passaporto sanitario da richiedere a chiunque entrasse nell'Isola, salvo poi puntare sull'apertura delle discoteche. Il Governo idem: quando ha deciso di chiudere i locali notturni (stavolta davvero, non con il decreto derogabile precedente) e imporre le mascherine era il 16 agosto, a cose fatte, mentre i controlli in porti e aeroporti sono partiti giusto un paio di giorni fa.

Forse qualcuno pensava che il Covid fosse solo un brutto sogno primaverile nonostante l'Istituto superiore di sanità avesse mandato segnali chiari: dovevano essere tenuti sotto controllo comportamenti e spostamenti per il rischio concreto di una seconda ondata.

M olti giovani sono arrivati in Sardegna dopo essere stati in mezza Europa, soprattutto in quella più a rischio. Come Spagna, Croazia, Grecia. E magari poi sono andati a ballare in Costa Smeralda, portando il virus e diffondendolo. Il Covid è arrivato da fuori e, ora che i turisti tornano a casa, fuori sta andando. Per questo motivo qualunque teorema sull'Isola da chiudere e sulla terra di vacanza diventata all'improvviso minaccia per un Paese intero è da respingere al mittente. La Sardegna ha fatto solo da detonatore a un sistema sbagliato in partenza: l'incomprensibile segnale politico del “liberi tutti” che ha autorizzato gli italiani a mettere il virus nel cassetto dei ricordi assieme alle mascherine, all'amuchina e al distanziamento.

L'Isola resta, vale la pena ripeterlo, una delle Regioni dove il virus è circolato meno e questo è il peccato che paghiamo oggi davanti agli ultimi bollettini. D'altronde era ineludibile tentare di rimettere in moto la macchina dell'economia rimasta paralizzata per mesi, come oggi diventa indispensabile tornare alle regole della miglior sicurezza sanitaria per allontanare lo spettro dei contagi. I sardi si sono comportati benissimo nei mesi più difficili, sapranno farlo anche adesso. Dietro l'angolo c'è quello che dovrebbe essere l'obiettivo sopra tutti gli interessi di parte: la riapertura delle scuole.

Resta il problema che i veri dati sulla circolazione del virus si vedranno solo a fine mese, quando i tempi dell'incubazione daranno le cifre reali. Quanto avranno inciso gli eccessi del weekend di Ferragosto? Per ora l'unica certezza è che la linea dura su discoteche e controlli in aeroporto è arrivata quando la frittata dei contagi d'importazione era già stata fatta e mangiata.

GIULIO ZASSO
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