N on c’è dubbio che quanto accaduto con l’aggressione russa all’Ucraina determinerà una forte crisi non solo sui rapporti commerciali tra Est ed Ovest d’Europa, ma soprattutto sul necessario spostamento di diversi fattori di produzione, per via dei mutamenti intervenuti nei precedenti equilibri geopolitici. In particolare, per il nostro Paese riguarderà soprattutto il gas, l’alluminio, l’argilla, il grano, i semi di girasole ed altri prodotti per il settore farmaceutico, oggi assai dipendenti dall’import da Russia e Ucraina.

Appare dunque necessario, come sostiene l’economista Fedele De Novellis, evitare il rischio di concentrare determinate importazioni da un solo Paese, proprio per il clima di instabilità sempre possibile nei rapporti internazionali. Anche l’accademico Lorenzo Forni di “Prometeia” ritiene che sia necessario un deciso aggiustamento nelle catene di approvvigionamento delle materie prime in quei settori, come l’alimentare, l’energetico, il manifatturiero ed il farmaceutico, ritenuti strategici per la nostra economia, ora messi fuori gioco dal conflitto in atto.

Appare quindi necessaria una revisione degli indirizzi della politica industriale perché il nostro Paese possa continuare a competere in uno scenario mondiale completamente cambiato.

Da queste osservazioni si è inteso partire per verificare se questa indisponibilità di materie prime strategiche sul piano nazionale possa offrire delle opportunità all’economia della nostra Sardegna.

E , più in particolare, per individuare la possibilità di un riorientamento dei nostri indirizzi produttivi. Partendo proprio da quel campo delle materie prime di base da cui è iniziata la genealogia del sistema produttivo sardo in età moderna (dai minerali metalliferi ai cereali ed ai vitivinicoli).

Esistono quindi nella nostra storia isolana le premesse che ci potrebbero consentire di rilanciare settori che in un passato, più o meno lontano, sono stati strategici per il nostro sviluppo economico. Si pensi ad esempio al settore alimentare dove i margini di crescita delle nostre produzioni, di base e di trasformazione, sono assai elevati; od a quello chimico-farmaceutico ove si è in grado di utilizzare le risorse di scuole universitarie d’eccellenza, oltre ad importanti campi di sperimentazione come nella veterinaria. In effetti vi è molta concordanza fra gli esperti sulla possibilità che la necessità di una nuova integrazione verticale fra le filiere alimentari e farmaceutiche del Paese, ad esempio, potrebbe riguardare particolarmente regioni in debito di sviluppo come la Sardegna, dove sono disponibili ottime risorse umane e molti spazi inutilizzati.

Non va neppure dimenticato quanto riguarda la transizione energetica, per via della forte dipendenza isolana dal carbone russo. Lo sviluppo delle fonti rinnovabili sostenibili e l’accesso al metano paiono le opzioni più perseguibili. Certo è che il quadro generale di riferimento sul quale ci si viene a trovare, appare ben più complesso del passato e, soprattutto, assai distante da ogni eccesso di globalismo economico. Perché quel che è appena accaduto nell’Est europeo avverte che i fattori geopolitici, con i pericoli che contengono, vanno considerati come delle variabili imponderabili che possono aprire nuovi scenari ed offrire anche delle impensate opportunità.

Ora, il poter sfruttare quanto accaduto in queste ultime settimane con un deciso riorientamento della nostra politica economica, può rappresentare la nuova frontiera per lo sviluppo regionale. Che dovrebbe incentrarsi in una programmazione di interventi e di obiettivi che tenga conto di quanto accaduto nel sistema industriale nazionale per via del conflitto russo-ucraino. Avere consapevolezza di questo, comporterebbe l’adozione, da parte della politica regionale, di misure atte a promuovere ed a sostenere una differente gamma di investimenti e di attività. Da mettere a punto rapidamente, anche attraverso l’apporto delle rappresentanze del lavoro e delle imprese, oltre che delle scuole universitarie. Appare infatti imprescindibile la rapida definizione di una strategia che sia condivisa da tutti gli attori in gioco e che rilanci decisamente il ruolo dell’isola all’interno dell’economia nazionale.

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