N egli istanti successivi al fischio finale di Cagliari-Milan, con Ibrahimovic in campo a minacciare tutti con la sua fibra più forte di Ibra, su Sky Sport si consumava un processo con dibattimento veloce e sentenza espresso. L’imputato? Cagliari, il Cagliari, tifosi e colori rossoblù. In pochi secondi, con un’abilità giornalistica non comune, e con una buonafede resistente agli urti, sono stati rievocati episodi “di matrice razzista” legati alla curva Nord dello stadio di Cagliari, qualunque esso fosse. Da Eto’o a Muntari, da Kean a Lukaku, Martin Luther King e Cassius Clay.

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Infilandoci dentro anche l’episodio di sabato sera, diciamo ancora sotto esame. Le grandi reti tv vivono di abbonati, di consenso, come i giornali. E le grandi reti (che fanno opinione nel tifoso medio) del bacino milanese devono disegnare uno scenario che – probabile, inverosimile – porti acqua verso un certo mulino. Porti consenso, abbonati, fidelizzi il telespettatore. Le cose sono andate così: partita mediocre, risultato scontato, Mazzarri contraddetto (con sorrisetti beffardi) durante il dopo gara televisivo, Pioli che apre la pagina del razzismo e tutti felici a casa, con lo scudetto a un passo. Nel mentre, si frantumava in pochi istanti l’immagine di una società che da anni ha messo l’inclusività, l’educazione al tifo corretto e la solidarietà al centro del progetto.

In mezzo alle curve, ci sono persone che con il loro delirante esibizionismo rovinano la passione di decine di migliaia di tifosi corretti, sportivi, leali. L’educazione a sostenere il Cagliari (in questo caso) non arriva a tutti, è un’impresa impossibile ma questa società ha da anni intrapreso un percorso. L’appello perché vengano isolati i razzisti da stadio resta inascoltato, si sa. E anche sabato, qualcuno, nascosto nel branco, il suo “buu” l’avrà lanciato, alla fine, se lo afferma il portiere del Milan. Una vergogna: condanniamo qualsiasi forma di insulto. Alcuni di questi urlatori sono a casa, per sempre, grazie ai Daspo. Non resta che prendere gli ultimi.

Ma invece è un’impresa neanche tanto difficile fare del buon giornalismo. Non da tifosi, non da commentatori da bar. Nel rispetto di chi ha perso e rivendica le sue ragioni davanti a una telecamera.

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