A ccadono in Sardegna fatti inconcepibili: gli uffici amministrativi della Regione (e di non pochi Comuni), continuano, con atti sicuramente illegittimi e non solo, a disapplicare le leggi regionali, contrastando la Giunta Regionale e la Corte Costituzionale.

Ciò avviene infatti pur dopo che la Corte, con la sentenza numero 26 del 2022, ha accolto il ricorso della Giunta Regionale per conflitto di attribuzioni contro lo Stato, dichiarando che non compete alle “autorità amministrative statali” (ed ovviamente ancor meno a quelle regionali e comunali) disapplicare le leggi regionali vigenti, che perciò non possono essere subordinate, come facevano le Soprintendenze i cui atti sono stati annullati, alle contrarie previsioni del Piano paesistico.

In tal modo non si tiene neppure conto che, mentre le leggi soddisfano esigenze attuali, il Ppr aveva posto nel 2006 le contrarie norme che oggi vengono applicate, come transitorie, in una prospettiva di operatività per un solo anno, dovendo essere, entro tale termine, sostituite dalla disciplina dei Puc Comunali. Solo 36 Comuni, però, ad oggi, hanno un Puc adeguato al Ppr.

L a grave conseguenza è che in tutti gli altri territori continuano a venir applicate, dopo ben 16 anni, quelle norme transitorie; cosa che si verifica però anche in molti di quei 36 Comuni nei quali la Regione ha imposto il recepimento a regime (così violando le loro competenze) di quelle norme provvisorie del Ppr pensate originariamente per la durata di un anno.

Questo avviene, ad esempio, per le aree agricole, riferite ad oltre metà dell’isola, ove è oggi impedito quasi ogni intervento, o per il dimezzamento delle volumetrie delle zone turistiche, fissato 30 anni orsono dai 12 piani paesistici del 1993 (poi annullati), e riconfermato, in occasione del Ppr, venti anni orsono, ma sempre in via transitoria.

Nell’ottica dei Comuni, tuttavia, il ritardo nell’approvazione del Puc deriva dalla necessità di dover rispettare contenuti e procedure macchinosi, di difficile attuazione, per la farraginosa disciplina contenuta sui Puc nel Ppr e nell’articolo 20 della legge regionale 45/1985. Norma questa che all’origine nel 1985 conteneva una disciplina essenziale, di appena 225 parole e 1.308 lettere, mentre ora è inutilmente ridondante, con ben 2.358 parole (e 14.378 lettere).

La disapplicazione delle leggi regionali in favore del Ppr si basa apparentemente, ad esempio per le zone agricole, sulla motivazione della sentenza numero 24 del 2022 della Corte Costituzionale che, respingendo l’impugnazione dell’articolo 1 della legge regionale 1/2021, ha affermato che “la disciplina impugnata non reca alcuna deroga alle previsioni del piano paesaggistico regionale e, pertanto, può e deve essere interpretata in termini compatibili con le minuziose prescrizioni di tutela che tale piano detta in merito alle zone agricole”.

Si tratta, però, di una motivazione, oltre che non corretta in fatto, giuridicamente non vincolante, perché contenuta in una sentenza interpretativa di rigetto (e non di accoglimento), per la quale è pacifico (come ricorda in via generale Gustavo Zagrebelsky) che “in una sentenza con la quale si respinge l’eccezione, il carattere interpretativo della sentenza in modo conforme alla Costituzione, non può vincolare l’interprete”.

Tanto più che la stessa Corte ha recentemente ribadito (sentenza numero 248/2022) accogliendo la posizione regionale sostenuta dall’avvocato Pani, il suo ultra ventennale indirizzo secondo il quale «la competenza del legislatore sardo in materia di edilizia e urbanistica non comprende solo le funzioni di tipo strettamente urbanistico, ma anche quelle relative ai beni culturali e ambientali (sentenza numero 178 del 2018 e già sentenza numero 51 del 2006) e che perciò con legge «è consentito l’intervento regionale, nell’ambito della tutela paesaggistica, secondo quanto stabilito nelle norme di attuazione dello statuto speciale», potendo perciò la legge disciplinare anche le zone agricole, che non costituiscono un bene paesistico.

Ad esse pertanto, indipendentemente dalle norme del Ppr, va applicato l’articolo 1 della legge regionale 1/2021 (il ricorso governativo contro è stato rigettato), seco ndo il quale «in tutte le zone urbanistiche omogenee E del territorio regionale si applica il decreto del Presidente della Giunta regionale 3 agosto 1994, numero 228 (Direttive per le zone agricole)» salvo che «nella fascia di 1.000 metri dalla linea di battigia marina l'edificazione di fabbricati per fini residenziali è riservata agli imprenditori agricoli a titolo professionale».

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