Progettare un futuro
T ra vent’anni saremo molti di meno, più vecchi e meno produttivi. Lo scenario che tratteggia il censimento presentato nei giorni scorsi in Sardegna è quello di un’Isola più spopolata proprio nel momento in cui le cronache raccontano i casi di persone che si trasferiscono in Sardegna in cerca di uno stile di vita sano e naturale, e di un “consumo” del tempo più umano. In tanti lasciano il lavoro e cambiano spesso mestiere per cercare un maggior equilibrio tra libertà, ambiente, passioni e professione.
E il tempo diventa anche un valore economico, tanto che il benessere non si misura più solo con il Pil, il prodotto interno lordo, ma con parametri con cui si tiene conto dello star bene.
I numeri dicono però che in Sardegna tra vent’anni saremo 200 mila in meno e soprattutto che la fascia 15-34 anni avrà un calo del 26%, con l’innalzamento dell’età media e la crescita del numero degli anziani. Significa che bisogna progettare una Sardegna totalmente diversa da quella attuale e pensare a un mix di tecnologia e servizi che oggi è difficile da concepire. Con l’obiettivo anche di invertire la tendenza dello spopolamento.
Prendiamo ad esempio i trasporti: tra vent’anni molto probabilmente avremo molti più mezzi a guida autonoma e a propulsione elettrica. E soprattutto se la popolazione sarà più anziana, ci sarà bisogno di maggiori servizi di mobilità e forse meno auto private che circolano nelle città. Il noleggio e l’uso condiviso, in questo scenario, potrebbero avere uno sviluppo tumultuoso. Ma soprattutto l’Isola avrà necessità di più servizi per gli anziani e quindi una quota consistente di occupazione dovrà essere destinata a questo settore, il che vuol dire maggiore sanità sul territorio, più case di accoglienza per le persone non autosufficienti e così via. Tutti servizi da pianificare oggi, utilizzando le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, pensando anche di saltare uno o due step rispetto alle normali abitudini di programmazione politica ed economica.
E per invertire il trend dello spopolamento, soprattutto nelle zone interne, si dovrà cambiare rotta. Certamente senza tecnologia non c’è scampo. Bisogna dunque concentrare gli sforzi su un piano di rinascita per l’Isola che guardi al futuro con pragmatismo e un po’ di utopia, passando dal carbone subito all’idrogeno, senza vie intermedie. Perché non ci saranno le forze per fare tutto: come ha scritto Mario Sechi domenica scorsa si deve recuperare la cultura del lavoro, ma allo stesso tempo delegare alla tecnologia quello che non si riesce più a compiere manualmente perché le forze non bastano. Per esempio, l’agricoltura 4.0 riduce la necessità di utilizzare nei campi forza lavoro che può essere invece destinata a occupazioni di maggior valore e assicurare un presidio anche in zone che apparentemente sembrano disagiate ma offrono tanto altro. Per farlo però bisogna studiare, conoscere, innovare e dominare la tecnologia.
Solo così, ogni bambino potrà dirsi fortunato perché avrà a disposizione almeno quattro anziani per farsi raccontare una fiaba. Come canta Guccini nella futurista “Il vecchio e il bambino”: “Nonno, mi piaccion le fiabe, raccontane altre!”, purché abbiano un lieto fine e le colline tornino a essere grandi distese di grano.