O rmai più di un secolo fa, un giovane istriano di origini (paterne) romane, arruolato nella marina italiana tentava, con altri compagni d’armi, di effettuare una incursione a Fiume. Il proprio sommergibile si arenò, venne affondato ma egli riuscì a fuggire su un battello di salvataggio. Venne però catturato dagli austriaci e processato per tradimento. L’Istria era infatti austro-ungarica all’epoca ma lui appassionatamente italiano. Nonostante le false generalità, furono proprio i suoi compaesani a riconoscerlo.

L a madre, pur di evitargli la forca, fece finta di non sapere chi fosse e morì qualche anno dopo di crepacuore. Egli venne infatti messo a morte, per impiccagione, nel carcere militare di Pola il 10 agosto del 1916. Poco prima di morire il condannato scrisse una lettera ai figli, che recitava così: “Caro Nino, tu forse comprendi od altrimenti comprenderai fra qualche anno quale era il mio dovere d'italiano. Diedi a te, a Libero ad Anita a Italo ad Albania nomi di libertà, ma non solo sulla carta; questi nomi avevano bisogno del suggello ed il mio giuramento l'ho mantenuto. Io muoio col solo dispiacere di privare i miei carissimi e buonissimi figli del loro amato padre, ma vi viene in aiuto la Patria che è il plurale di padre, e su questa patria, giura o Nino, e farai giurare ai tuoi fratelli quando avranno l'età per ben comprendere, che sarete sempre, ovunque e prima di tutto italiani!”.

Quest’uomo si chiamava Nazario Sauro. Dopo l’esecuzione, venne sepolto in tutta fretta in un luogo sconsacrato. Poi riesumato e seppellito nel cimitero di Pola. Ma quando quest’ultima passò alla Iugoslavia, le sue spoglie vennero nuovamente trasferite ed oggi riposano nel tempio votivo del lido di Venezia. Non c’è città italiana né sarda (o quasi) ove non campeggi una piazza o una via a lui dedicata. Luoghi spesso frequentati da molti, nella più parte ignari dell’origine di quel nome.

Mi perdoneranno, i lettori, per la divagazione. Ma questa storia mi è tornata in mente (in negativo) durante le imbarazzanti votazioni quirinalizie di inizio anno. E mi torna in mente (in positivo), seppur con scoramento, oggi; nel vedere la strenua resistenza ucraina alla soverchiante forza dell’occupazione russa. Quest’ultima vicenda ci deve infatti aiutare a comprendere la differenza tra patriottismo: cioè amore, attaccamento e difesa della propria comunità, e nazionalismo: cioè l’idea che i propri valori ed interessi meritino di prevalere su quelli altrui. La linea di confine è infatti labile: sono facili gli sconfinamenti. Per questo il patriottismo (che è anzitutto comunitarismo) non va dato per scontato. Se lo si vuole sviluppare, evitando che degeneri in altro, va insegnato, coltivato, a partire dalla memoria di coloro che lo hanno incarnato sino alle estreme conseguenze. Ne abbiamo avuti tanti di patrioti, anche temporalmente più prossimi a noi. Ma la memoria di uno remoto, nel tempo, potrà più facilmente unirci. Si litiga spesso sulle cose vicine, meno su quelle lontane. Che poi sono ancora attuali, come le lettere di Nazario Sauro. Magari quelle stesse lettere, dinanzi al sacrificio ucraino, possono essere riscoperte oggi, nobilitare ancora (più di ogni toponomastica) il gesto del loro autore e contribuire a destare le nostre coscienze.

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