N on si intravede la fine della crisi della sanità sarda. Le cronache riportano ogni giorno notizie di reparti che chiudono, di medici che mancano, di servizi sospesi.

Di recente, è divampata anche la polemica sul futuro del Mater Olbia, ospedale che garantisce assistenza di eccellenza. Su questo ritornerò più avanti.

Le cause della cronica mancanza di medici sono ormai accertate. Una sciagurata legge nazionale sull’accesso programmato alle facoltà di Medicina ha prodotto uno sconquasso.

M a in Sardegna la situazione si è aggravata a causa della decisione, e siamo ai tempi di Nerina Dirindin, di praticare la spending review alla sanità. Questo è un settore dove risparmiare si può, tagliare no. Nei tempi più cupi della pandemia causata dal Sars-Cov2, lo hanno ammesso tutti, da destra e da sinistra. Intanto, il guaio è stato fatto, porvi rimedio non sarà facile. In quattro legislature regionali (Soru, Cappellacci, Pigliaru, Solinas) sono state varate altrettante riforme sanitarie. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. L’ultimo tentativo partiva dal presupposto che basare la sanità su una sola azienda regionale era sbagliato. E così è nata Ares con otto Asl. Ma cedere il potere non è cosa gradita a chi lo detiene. Quindi, le Asl, popolate da commissari, facenti funzioni e direttori senza i requisiti, sono ancora prive di linee guida. In pratica sono anatre zoppe, per mutuare un termine della politica. Non si bandiscono i concorsi e ciò tiene lontani anche i giovani medici, restii a avventurarsi in reparti dove manca una guida esperta e sicura. Logico che le liste d’attesa siano cresciute a dismisura e che i livelli di assistenza siano precipitati. La Sardegna, durante la pandemia severa, ha avuto il record di decessi per cause diverse dal Covid. Di chi è la colpa? Di tutti, anche di chi adesso strilla e promuove manifestazioni e sit-in. Non serviva lungimiranza per capire che presto la carenza di medici, ma anche di assistenti sociali e altre figure professionali, sarebbe stata drammatica. Intanto, la politica non rinuncia a ballare sulle rovine della sanità. Le interferenze sono ormai intollerabili. Due esempi. Primo: il Microcitemico di Cagliari. Storicamente accorpato al Brotzu, hub di secondo livello, è stato separato per mero calcolo politico con danni enormi. Le mamme dei bimbi in cura hanno addirittura presentato un esposto alla Procura della Repubblica denunciando un crollo verticale dell’assistenza. Adesso, si pensa di riaccorparlo al Brotzu. Nel frattempo sono stati fatti gravi danni ai cittadini. Secondo: il Mater Olbia. Sorto sulle ceneri del progetto San Raffaele di don Verzè, avrebbe dovuto fornire cure di eccellenza grazie alla collaborazione con il Policlinico Gemelli di Roma. E così è stato. Il grande ospedale della Capitale ha dirottato fior di professionisti per integrare i servizi forniti dalla sanità pubblica. Ora, però, si è innescata una diatriba con la Regione. In base a una clausola di contratto siglato dall’allora governatore Pigliaru con i rappresentanti della Qatar Fondation (che detiene il pacchetto di maggioranza), la Regione avrebbe dovuto pagare gli oneri di start-up, in pratica la differenza tra fatturato e spese. Stiamo parlando di una cifra che oscilla tra i 20 e i 30 milioni di euro. Secondo alcuni bene informati 28 milioni di euro. La Regione, per motivi sconosciuti, non paga questa cifra. Un atteggiamento che ha scatenato un vivace dibattito in Consiglio comunale a Olbia, con dure prese di posizione del sindaco Settimo Nizzi e dell’ex parlamentare Giampiero Scanu . Perché la Regione non paga? Mistero. Si vuole spingere il Gemelli a sgombrare il campo? È il sospetto di molti, tanto è vero che sono state lanciate accuse all’Università di Sassari (respinte con forza dal rettore Gavino Mariotti) di tramare per sostituire al Mater l’ospedale romano. Nel frattempo, la legislatura regionale volge al termine. Si voterà nel febbraio del 2024, eppure, si sussurra dell’intenzione di Solinas di sostituire l’assessore Mario Nieddu con Carlo Doria, emarginato dalla Lega in una candidatura quasi impossibile, che in caso di mancata rielezione verrebbe così risarcito. Un micro-rimpasto di Giunta, proprio quello di cui ha bisogno la derelitta sanità isolana.

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