A che punto è la guerra? Va avanti come una guerra: Putin fa lo stratega sul campo di battaglia; l’esercito ucraino difende le postazioni; milioni di donne, bambini e anziani lasciano l’Ucraina; Biden vola a Varsavia, cita Giovanni Paolo II, dice che il presidente russo non può restare al Cremlino e poi la Casa Bianca precisa che il presidente non si riferiva a un cambio di regime a Mosca; in troppi ipotizzano l’uso dell’arma nucleare; l’Europa non vuole la guerra, non vuole la recessione, non vuole (più) Putin, non vuole (più) gli oligarchi, non vuole il gas russo ma lo compra ogni giorno.

C osa voglia l’Europa e come fare per ottenerlo è un banco di nebbia, tuonano i cannoni e la diplomazia è muta. Il Comandante Mao avrebbe detto che “grande è la confusione sotto il cielo e dunque la situazione è eccellente”. Ma qui non c’è nessun Mao Tse-tung, la Cina è lontana (e per ora sta con la Russia), il metronomo della guerra è in mano a Putin e nessuno sa leggerne lo spartito. A Mosca parlano una lingua che l’élite occidentale non capisce, nessuno dei leader in carica ha mai guidato un esercito, manca l’esperienza della morte, del ferro, del fuoco - dell’ora più buia - mentre l’uomo del Cremlino conduce una campagna militare convenzionale e multi-dimensionale, una guerra dell’Ottocento con lo scudo della deterrenza nucleare e dei missili ipersonici, seleziona l’obiettivo con la dottrina di Carl von Clausewitz (“la guerra è una continuazione della politica con altri mezzi”), colpisce le infrastrutture e i civili, terrorizza la popolazione, applica le regole di Sun Tzu (“sul terreno poco importante non soffermatevi”), attacca dal cielo di giorno e di notte mentre attende che le fortificazioni cadano sotto l’assedio. Per battere Putin servono due cose: conoscere Putin e rileggere la storia.Biden pensa di piegare la Russia con il remake della guerra in Afghanistan contro le truppe sovietiche: arma un altro esercito (allora furono i guerriglieri mujaheddin, da cui spuntò poi il futuro nemico più crudele, Osama Bin Laden), mette a loro disposizione i razzi anti-carro e anti-aerei Stinger (oggi anche i Javelin), carica sulle spalle della Russia le sanzioni, il tempo farà il suo corso e Putin cadrà con il suo esercito, umiliato, sconfitto, forse perfino eliminato da una congiura interna. Se è questo il piano americano (e di rimorchio, quello europeo), allora la guerra sarà lunga e la diplomazia oggi e domani è un’opzione remota, dunque tutto torna. Sarà una vittoria, dicono. E sarà anche un massacro.Andrà così? Nel mio mestiere ho imparato a guardare per prima cosa le mappe e da quando è iniziata la guerra in Ucraina ho osservato ogni giorno i fronti che contano per Putin: l’Est e il Sud, il Donbass e la Crimea. Chi sta vincendo? La risposta è nella mappa, le cronache di Mariupol sono quelle di una resistenza disperata, conquistata la città, il Cremlino avrà unito la Crimea al Donbass, l’obiettivo politico da portare sul tavolo del negoziato, quando e se mai ci sarà.Il presidente americano a Varsavia ha fatto un discorso appassionato, democrazia contro autoritarismo, libertà versus dittatura, ha evocato le parole di Giovanni Paolo II (“non abbiate paura”), ha ricordato la grande lotta nei cantieri di Danzica di Lech Walesa e Solidarnosc, il crollo del Muro di Berlino, ha parlato di “un tiranno” (e poco prima di “un macellaio”) e così facendo ha chiuso ancora di più la porta del negoziato, ha evocato una battaglia lunga (che combattono gli ucraini, non gli americani né tanto meno gli europei), ma dopo aver detto che Putin non può restare al potere, quando le luci di Varsavia s’erano spente, ha dovuto far precisare d agli uffici della Casa Bianca che non vuole il regime change a Mosca. Forse si è accorto di aver osato troppo, di aver scoperto le carte, ma è un dietrofront che è la spia di un’incertezza. È il segno di una debolezza e di un calcolo che per ora non torna. Se poi vuoi la Cina al tuo fianco, non dici che “l’Ucraina è una Tienanmen al quadrato”, si tratta di un grave errore. Putin non vuole la pace? Può darsi, ma una guerra senza diplomazia con una potenza che ha 6500 testate nucleari non si era mai vista. Durante la crisi dei missili di Cuba nel 1962 John Fitzgerald Kennedy sfiorò la guerra atomica con Mosca, poi fece un accordo con Nikita Krusciov. Putin è dalla parte del torto, la sua guerra è un errore e un orrore, ma forse alla Casa Bianca e nelle cancellerie europee è giunto il momento di rileggere i libri di storia.

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