L e sempre più pesanti sanzioni economiche che l’occidente sta imponendo alla Russia come principale strategia per contrastare l’attacco militare contro l’Ucraina, sono davvero un deterrente valido? Nel dibattito attorno a questo argomento spicca l’opinione di Masha Gessen, giornalista russo-americana e autrice del best-seller “Putin, l’uomo senza volto”. Intervistata dall’emittente televisiva PBS, durante il programma di Christiane Amanpour, la giornalista del New Yorker ha sostenuto che, negli ultimi 15 anni, le sanzioni contro la Russia non hanno mai funzionato.

“Q uesto non significa che non ci debbano essere sanzioni” – ha precisato Gessen, definendo, però, “folle” l’idea che l’escalation delle sanzioni possa bastare, da sola, per costringere Putin a cambiare il suo comportamento nei confronti dell’Ucraina. E ha aggiunto: «Putin non ha paura delle sanzioni perché non lo intaccheranno personalmente, e non gli importa certo che il suo popolo possa impoverirsi». Al contrario, paradossalmente, potrebbero addirittura rafforzarne il potere. Spiega Gessen: «Un’economia povera rafforza i regimi totalitari. Quando le persone hanno da preoccuparsi della loro sopravvivenza hanno paura dei cambiamenti e non hanno né tempo, né energia per interrogarsi sul fatto che siano governate bene o male. La loro vera preoccupazione è quella di mettere insieme il pranzo con la cena».

Il grande economista Robin Brooks, in un suo tweet che ha fatto il giro del mondo, spiega che il morso delle nostre sanzioni sta avendo, in realtà, poca presa sulle condizioni economiche di un Paese che continua a esportare energia e, quindi, a generare un solido e costante afflusso di valuta forte. Dunque avrebbe più senso boicottare l’acquisto di energia russa, ma questo significherebbe comprarla dall’Iran o dal Venezuela: anche questi paesi sotto sanzioni.

Insomma, la vicenda è labirintica. Resta il fatto che molte iniziative punitive prese nei confronti della Russia sono spesso simboliche e poco utili. Un modo, insomma, per dimostrare la propria indignazione, piuttosto che renderla efficace. Non occorre addentrarsi in questioni economiche complesse per rendersi conto che molte delle iniziative pensate per indebolire la Russia la stanno, probabilmente, rafforzando.

Sul social network TikTok, ad esempio, molti russi avevano la possibilità di raccontare le ingiustizie di questa guerra, condannandola. Non potranno più farlo: perché il servizio, in Russia, è stato sospeso.

Silenziare il popolo russo non servirà certo a favorire la pace: ma, assai probabilmente, finirà per facilitare la guerra levando voce anche a chi sarebbe stato disposto a rischiare la propria libertà e la propria vita per condannarla.

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