L a guerra in Ucraina ha oscurato per un anno il problema dei migranti nel Mediterraneo che la tragedia davanti alla costa di Crotone ha riportato in primo piano con un clamore mediatico di forte impatto emotivo e politico. Un clamore motivato dall’alto numero delle vittime, dalla causa dell’affondamento dovuta ad una manovra azzardata degli scafisti, e soprattutto dalle polemiche sulla macchina dei soccorsi riguardo al rimpallo delle responsabilità su chi dovesse intervenire per assistere il barcone lungo la rotta di avvicinamento all’Italia.

S pettava all’agenzia europea Frontex dare l’allarme e chiedere l’invio immediato di mezzi oppure al Paese al quale compete l’area marittima dove stava transitando il barcone?

La guerra in Ucraina non ha certo fermato i flussi di migranti verso l’Europa occidentale che continuano a scappare dall’Afghanistan, dalla Siria e dall’Africa. Il terrificante sisma in Turchia non ha fatto che aumentare questo flusso riportando in auge la rotta mediterranea settentrionale. Ora le inchieste della magistratura italiana e delle autorità competenti dovranno fare luce sulle responsabilità individuali. Sotto inchiesta i quattro scafisti già fermati e poi la catena di comando dai massimi vertici politici e militari sino ai centri operativi.

La tragedia di Cutro ha riaperto con forza la questione politica delle scelte che devono essere adottate oltre quelle esistenti per il governo italiano e per l’Unione europea. La posizione della premier Meloni è chiara e lo ha ribadito in questi giorni: dobbiamo fermare i flussi alle origini con aiuti e collaborazione con i Paesi rivieraschi. Ma è necessario far chiarezza sulle competenze già stabilite dagli accordi per i soccorsi in mare. Da una parte c’è l’Agenzia Frontex, fondata nel 2004 dai Paesi Ue, il cui compito istituzionale consiste nell’«assistere gli Stati membri nella protezione delle frontiere esterne dello spazio di libera circolazione dell’Ue». Dall’altra i Paesi rivieraschi.

Ma a chi spettano i soccorsi in mare? La convenzione di Amburgo del 1979 ha suddiviso il Mediterraneo nelle cosiddette “zone Sar” (Search and rescue): all’interno di ciascuno di questi quadranti marini le operazioni di soccorso spettano allo Stato a cui è assegnata quella zona Sar. Dunque la responsabilità ricadrebbe sulle autorità nazionali.

Frontex deve partecipare ai soccorsi? La risposta si legge nel sito istituzionale dell’agenzia: «Le operazioni di ricerca e soccorso sono sempre coordinate dai centri di soccorso nazionali...ogni volta che un aereo di Frontex incontra un’imbarcazione in pericolo, allerta immediatamente tutti i centri operativi vicini». Altrettanto devono fare le navi commerciali e Ong. Ma questo è avvenuto per il barcone “Summer Love”? Le autorità italiane sostengono di essere state avvertite riguardo ad una nave in difficile navigazione per il maltempo, ma non in pericolo. Perciò non sarebbero scattati subito i soccorsi.

Qui è doveroso, invece, sottolineare il ruolo della Marina militare sempre pronta a rispondere ad ogni chiamata, nel rispetto della catena di comando, con qualsiasi meteo e pericolo. La nostra Marina conta un patrimonio umano e professionale di straordinaria eccellenza. Una storia di uomini, tradizioni, professionalità, orgoglio per la divisa e per la patria, che ci riporta a personaggi mitici quali l’eroico comandante Salvatore Todaro a cui è intitolato un moderno sommergibile. Nel recente libro di Sandro Veronesi ed Edoardo De Angelis a lui dedicato, ricordano l’episodio del sommergibile “Cappellini” a Gibilterra, quando affondò una nave belga che in convoglio trasporta va velivoli inglesi. Mentre il mercantile colava a picco, i nostri marinai videro avvicinarsi a nuoto e su una scialuppa i superstiti. L’ordine n. 154 dell’ammiraglio tedesco Donitz era chiarissimo: bisognava lasciare in mare i naufraghi e andarsene. Ma anche gli ordini di Lord Cunninghan, per gli inglesi e dello stesso Churchill, erano uguali: colpire, affondare, sparire. Che fece Todaro? Ordinò di recuperarli e poi navigò verso il relitto in fiamme per salvare tutti gli altri. Quando li sbarcò sulla costa delle lontane Azzorre il comandante belga Vogels chiese a Todaro: «Voi sapete che al vostro posto io non vi avrei preso a bordo? E voi perché ci avete salvato?». Todaro rispose lapidario: «Perché noi siamo italiani». Una lezione, siamo certi, che nessun marinaio italiano ha mai dimenticato. Allora come oggi.

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